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fascismo fu un movimento politico di estrema destra del XX secolo che sorse in Italia alla fine della prima guerra mondiale.[1].
Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso, in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale.
Il nome deriva dalla parola fascio (in lingua latina: fascis) e fa riferimento ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo di unione. L'ascia presente nel fascio simboleggiava il loro potere, in particolare quello giurisdizionale.
Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini:
« Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non è antitetico ed è piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che è ipoteca arbitraria sul misterioso futuro. »
(Benito Mussolini, 19 agosto 1921 - Diario della Volontà)
Indice
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Indice
1 La fondazione e la crescita
2 Radici ed obiettivi
3 Storia del Fascismo
3.1 Precursori e premesse
3.2 Il fascismo al potere
3.2.1 L'Era fascista
3.3 La dittatura
3.4 Consenso e propaganda
3.5 Politica economica
3.5.1 La battaglia del grano
3.5.2 L'autarchia
3.5.2.1 Le bonifiche
3.6 La riforma Gentile
3.7 La politica estera
3.8 L'Etiopia
3.9 Verso la guerra
3.10 La caduta
4 La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
4.1 La nascita della Repubblica sociale
4.2 Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
4.3 Il contributo militare alla guerra nazista
4.4 Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
5 La fine della RSI
6 Il "neofascismo"
7 Il Fascismo nel mondo
7.1 Il punto di vista anglo-americano
7.2 Le derivazioni del caso italiano
8 Il Fascismo come idealismo
9 I modi del Fascismo
9.1 Italianizzazione dei nomi
10 Le interpretazioni del Fascismo
11 Gli slogan fascisti
12 Curiosità
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
[modifica] La fondazione e la crescita
Un littore romano, aveva il compito di proteggere i magistrati.Mussolini, già espulso per interventismo nella prima guerra mondiale dal Partito Socialista Italiano, il 23 marzo 1919 diede vita a Milano ad un piccolo gruppo denominato Fasci italiani di combattimento.
Era stato fino ad allora un esponente del sindacalismo rivoluzionario e poi del socialismo italiano, come del resto il padre, che pare avesse combattuto con Pancho Villa in Messico[citazione necessaria], da cui il nome Benito (in onore del rivoluzionario messicano Benito Juárez). In quest'ottica si schierò decisamente contro l'intervento italiano in Libia del 1911.
Storicamente fu Dino Grandi a concepire l'idea e la definizione del fascio come simbolo del movimento[citazione necessaria]. Il fascismo fu il primo dei grandi movimenti nazionalisti diffusisi rapidamente in Europa negli anni venti e trenta del XX secolo, accomunati da una matrice comune di conservatorismo, nazionalismo, autoritarismo e culto della personalità del dittatore: il nazismo in Germania, le guardie di ferro in Romania, il franchismo in Spagna. Anche movimenti che non si ispiravano inizialmente al fascismo, come lo stalinismo o il maoismo ne assorbirono gli impianti organizzativi.
Dal 1938 in poi, con la promulgazione di un insieme di provvedimenti legislativi e normativi noto come Leggi razziali fasciste, secondo autorevoli testimoni quali Galeazzo Ciano redatte in gran parte da Mussolini in persona[2], il fascismo si dichiarò esplicitamente anche antisemita [3] e, anche se non fu realizzato alcun intento di sterminio fino al 1943 (quando l'Italia venne occupata dall'esercito nazista), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, spesso privati del lavoro ed esposti a varie forme di vessazione.
[modifica] Radici ed obiettivi
Benito Mussolini durante un discorsoIl fascismo tendeva ad imporre l'assoluta preminenza del partito fascista, in ogni aspetto della vita politica e sociale.
Pur combattendo il comunismo e il socialismo come nemici della patria e della società (col diretto appoggio, in questo, della grande industria e dei capitalisti privati) Mussolini mutuò dalla dottrina socialista alcune idee, creando uno stato maggiormente centralizzato, seppure strutturando l'economia in un modello corporativista. In particolare, Mussolini affermava, a chi glielo domandasse, di avere come modelli ideologici due insurrezionalisti: il pre-marxista Auguste Blanqui e il sindacalista rivoluzionario Georges Eugène Sorel [citazione necessaria].
Le radici del fascismo, come degli altri regimi totalitari europei "cugini" del periodo, vanno individuate nella profonda crisi della società italiana del primo dopoguerra e nelle deboli radici della sua democrazia liberale.
L'ideologia del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte.
Il fascismo visse soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta e ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto.
« Il mussolinismo è (...) un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza. »
(Piero Gobetti, "La rivoluzione liberale")
Il fascismo si riallaccia a correnti di pensiero ultraconservatrici, che risalgono al XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il preteso materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, secondo molti storicamente inesatta, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune.
Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa che avvilisce l'uomo (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (Alfred Rosenberg, con il suo Il mito del XX secolo, o Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente). L'ideologia fascista fu tuttavia sempre piuttosto contraddittoria e al fianco di queste posizioni reazionarie conviveva, non sempre armoniosamente, un culto della modernità e della tecnica di ispirazione futurista.
[modifica] Storia del Fascismo
Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Italia fascista.
[modifica] Precursori e premesse
In Italia il fascismo trovò i suoi precursori negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo (il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini), e nel decadentismo di Gabriele D'Annunzio e in numerosi altri pensatori ed azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle fila fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno , conseguenza della Prima guerra mondiale, dell' arditismo.
Fu l'indiscutibile abilità di politico di Benito Mussolini, ex dirigente del Partito Socialista Italiano, convertito alla causa del nazionalismo e della Grande Guerra, a fondere la confusa congerie di idee, aspirazioni, frustrazioni degli ex combattenti reduci dalla dura esperienza della guerra di trincea, in un movimento politico che all'inizio ebbe una chiara ispirazione socialista e rivoluzionaria (vedi il programma dei fasci di combattimento del marzo 1919) e che si contraddistinse fin da subito per la violenza dei metodi impiegati contro gli oppositori.
La crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione e l'inflazione crescenti, la smobilitazione dell'esercito (che restituì alla vita civile migliaia di persone), i conflitti sociali e gli scioperi nelle fabbriche del nord, l'avanzata del partito socialista divenuto il primo partito alle elezioni del 1919, crearono, negli anni 1919-1922, le condizioni per un grave indebolimento delle strutture statali e per un crescente timore da parte dei ceti agrari e industriali di una rivoluzione comunista in Italia sul modello di quella in corso in Russia.
In questa situazione fluida, Mussolini colse l'occasione e, abbandonando rapidamente il programma socialista e repubblicano, si pose al servizio della causa antisocialista; le milizie fasciste, appoggiate dai ceti possidenti e da buona parte dell'apparato statale che vedeva in lui il restauratore dell'ordine, lanciarono una violenta offensiva contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista (ma anche cattolici), in particolar modo nel centro-nord d'Italia (soprattutto Emilia Romagna e Toscana), causando numerose vittime nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine.
Le violenze furono nella gran parte dei casi provocate dagli squadristi fascisti, che sempre più apertamente furono appoggiati da Dino Grandi, l'unico reale competitore di Mussolini per la leadership all'interno del partito, che nel congresso di Roma del 1921 si fece da parte e diede via libera al futuro Duce.
La violenza crebbe considerevolmente negli anni 1920-22 fino alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922).
Per approfondire, vedi la voce Marcia su Roma.
[modifica] Il fascismo al potere
1920: A Trieste i fascisti incendiarono la Narodni Dom (Casa del popolo), centro culturale degli SloveniDi fronte all'avanzata di milizie fasciste mal armate e guidate su Roma, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, preferendo evitare ogni spargimento di sangue e ignorando i suggerimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Luigi Facta che gli chiedeva di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio, decise di affidare l'incarico di Presidente del Consiglio a Mussolini, che in quel momento aveva in Parlamento non più di 22 deputati.
Vittorio Emanuele mantenne sempre il controllo dell'esercito: se avesse voluto, avrebbe potuto senza problemi bandire da Roma Mussolini e le forze fasciste, inferiori in tutto alle guarnigioni di stanza nella capitale; in virtù di ciò la marcia su Roma, a rigor di termini, non può essere considerata un colpo di stato, in quanto Mussolini ottenne, di fatto, l'incarico di formare un nuovo esecutivo legalmente, godendo dell'appoggio (quantunque oggetto di molte e profonde critiche) del sovrano.
Per approfondire, vedi la voce Governo Mussolini.
Da primo ministro, i primi anni di Mussolini (1922-1925) furono caratterizzati da un governo di coalizione, composto da nazionalisti, liberali e popolari, che non assunse fino al delitto Matteotti veri e propri connotati dittatoriali. In politica interna Mussolini favorì la completa restaurazione dell'autorità statale e la soppressione dell'estrema sinistra, con l'inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e la progressiva identificazione del Partito in Stato.
In politica economica e sociale vennero emanati provvedimenti che favorivano i ceti industriali e agrari (privatizzazioni, liberalizzazione degli affitti, smantellamento dei sindacati).
Nel luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale maggioritaria, che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi, regola puntualmente applicata nelle elezioni del 6 aprile 1924, nelle quali il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche dai brogli, dalle violenze e dalle intimidazioni contro gli oppositori.
L'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l'annullamento delle elezioni per le irregolarità commesse, provocò una momentanea crisi del governo Mussolini.
Per approfondire, vedi la voce Delitto Matteotti.
Il leader socialista Matteotti fu ucciso perché denunciò alla Camera dei deputati nel 1924 i brogli e le violenze commesse dai fascisti durante la campagna elettorale. Il suo assassinio ebbe un'eco vastissima nell'opinione pubblica in cui si diffuse la convinzione che a ordinarlo fossero stati i vertici del governo.
L'episodio dimostrava che la "normalizzazione" dello squadrismo annunciata da Mussolini non era riuscita e che un'opposizione legale non era gradita. I partiti d'opposizione reagirono abbandonando il Parlamento: fu la "secessione dell'Aventino", così chiamata in analogia con la decisione della plebe dell'antica Roma di ritirarsi sul colle dell'Aventino per protesta contro i soprusi dei patrizi. Contrario a tale scelta fu solamente il Partito Comunista che rimase isolato nel proporre uno sciopero generale.
Gli aventiniani miravano a incrinare l'intesa tra fascisti e la loro coalizione provocando un intervento del re, ma le loro aspettative furono deluse poiché Vittorio Emanuele III si astenne da ogni iniziativa.
La debole risposta delle opposizioni, incapaci di trasformare il loro gesto in un'azione antifascista di massa, non fu sufficiente ad allontanare le classi dirigenti e la Monarchia da Mussolini che, il 3 gennaio 1925, ruppe gli indugi e, con un noto discorso nel quale assumeva su di sé l'intera responsabilità del delitto Matteotti e delle altre violenze squadriste, di fatto proclamò la dittatura, sopprimendo ogni residua libertà e completando l'identificazione assoluta del Partito Nazionale Fascista con lo Stato.
[modifica] L'Era fascista
La pervasività della dittatura giunse al punto di istituire la cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923.
Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista.
L'Era fascista iniziò il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista).
L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945.
[modifica] La dittatura
Per l'effettiva realizzazione di uno stato dittatoriale - ossia per vedere formalmente inserite all'interno dello Stato italiano organizzazioni e istituzioni derivate dal Partito Fascista - occorrerà attendere la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta il 9 dicembre 1928. Pur potendo essere definito un regime dittatoriale, il regime conservò in vigore lo Statuto del Regno (Statuto Albertino) piegandolo però alle proprie esigenze.
Dal 1925 fino alla metà degli anni trenta il fascismo conobbe solo un'opposizione sotterranea e di carattere cospirativo, guidata in buona parte da comunisti come Antonio Gramsci, socialisti come Pietro Nenni, demo-liberali come Giovanni Amendola, liberali come Piero Gobetti, molti dei quali pagarono con la vita, l'esilio, pene detentive o il confino il loro rifiuto.
[modifica] Consenso e propaganda
La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti ma anche quel mondo agricolo vicino al Partito Popolare, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e il socialismo e soprattutto contro il disordine economico successivo alla guerra '15-18: da parte sua, il fascismo italiano non esercitò mai una grande opera di indottrinamento della popolazione come quella intrapresa dal nazismo in Germania, ma piuttosto, come il franchismo spagnolo, si limitò nella maggior parte dei casi ad esigere solo una partecipazione di facciata.
Impero italiano nel 1940Tale situazione venne favorita dal riavvicinamento con la Chiesa Cattolica, che culminò nel Concordato dell'11 febbraio 1929, con cui si chiudeva l'annosa questione dei rapporti tra Stato e Chiesa aperta nel 1870 dalla Breccia di Porta Pia e che restituiva al cattolicesimo il ruolo di religione di Stato. Con i patti lateranensi firmati il 29 febbraio 1929 ci fu un accordo tra stato italiano e chiesa: la Santa Sede riconobbe lo stato italiano, che a sua volta riconosceva la sovranità della chiesa sullo stato della città del Vaticano, che ricevette anche delle indennità per la perdita dello stato della Chiesa. Con questi patti ci fu un riavvicinamento alla politica della popolazione italiana (in Italia la popolazione era per il 99 per cento cattolica).
Per approfondire, vedi la voce Patti Lateranensi.
Benito Mussolini e Adolf Hitler in JugoslaviaInoltre è proprio a questo periodo che risalgono i notevoli risultati del regime nel campo dei lavori pubblici e delle politiche sociali, che giovarono al regime stesso altissimi consensi: sono gli anni, infatti, della bonifica delle paludi pontine, della battaglia del grano e dell'appoderamento delle vaste aree del latifondo paludoso-malarico a favore delle famiglie degli strati più indigenti tra gli ex combattenti del primo conflitto mondiale, o con iniziative come le colonie estive per combattere il gozzo (allora malattia endemica), gli anni che danno inizio alla politica delle bonifiche e delle fondazioni delle "città nuove", opera del Razionalismo italiano, rurali o coloniali come Latina (allora Littoria), Sabaudia o Portolago, che, oltre al consenso popolare, donarono un'ampia visibilità internazionale al regime.
[modifica] Politica economica
Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati)[4]. Si limito' la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925. [citazione necessaria] Nel settore previdenziale, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (CNAS), istituita nel 1919, venne trasformata nel 1933 nell' ente di diritto Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS, attuale INPS) e arrivò ad impiegare 6.000 dipendenti nel 1937." [5] e vennero disciplinati istituti di diritto del lavoro quali malattia, maternità ed infortuni. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione[6] .
[modifica] La battaglia del grano
Per raggiungere l'autosufficienza alimentare venne iniziata la battaglia del grano, che prevedeva l'aumento della superficie coltivata e l'utilizzo di tecniche più avanzate. La "battaglia" portò ad un aumento del 50 per cento della produzione cerealicola e le importazioni si ridussero di un terzo. Ciò comportò però una riduzione della produzione di colture ortofrutticole.
[modifica] L'autarchia
La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi.
Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della Guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia.
Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital.
[modifica] Le bonifiche
In soli tre anni vennero concluse le bonificazioni dell'Agro Pontino, che videro al lavoro migliaia di uomini, soprattutto poveri contadini del centro-nord[7]. Vennero costruite nella nuova fertile pianura 3000 fattorie, da destinarsi, in buona parte, ai contadini che lavorarono alla bonifica. Altre imponenti bonifiche si ebbero nella valle del Po e sulla murgia barese.
[modifica] La riforma Gentile
Vi fu una riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile dal 1923: questa prevedeva un' istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile.
Nel 1939 segui la riforma Bottai, però, ebbe meno fortuna in quanto a notorietà di quella dell'illustre precedente, anche perché si distaccò poco dalla precedente se non nel senso di una maggiore funzionalità al regime.
[modifica] La politica estera
In politica estera Mussolini, dopo l'incidente di Corfù del 1923, per un lungo periodo non si discostò dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa con una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista.
L'Italia mantenne ottime relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919), tentando altresì di estendere la sua influenza verso i Paesi sorti dallo sfacelo dell'Impero austro-ungarico (Austria e Ungheria) e nei Balcani (Albania, Grecia) in funzione anti-jugoslava.
L'Italia fu inoltre uno dei primi paesi europei a stabilire nel 1929 relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica.
Nel 1934 Mussolini si erse a difensore dell'indipendenza dell'Austria contro le mire annessionistiche della Germania hitleriana, sebbene l'avvicinamento italiano col Paese confinante, che il Duce portò sino alla personale amicizia col cancelliere Engelbert Dollfuss (ucciso appunto dai tedeschi) e allo schierare l'esercito al Brennero minacciando l'intervento armato in caso di invasione tedesca, non avesse secondo alcuni obiettivi tanto differenti.
L'affermazione del nazismo in Germania ed il successo di Hitler negli anni 1934-36, di fronte alla sostanziale inazione delle democrazie occidentali, convinsero Mussolini che vi fosse per l'Italia l'opportunità di espandere ulteriormente il suo prestigio e le sue conquiste territoriali, pur con un apparato industriale gracile e provato dalla crisi economica del 1929 e con un esercito arretrato e mal equipaggiato.
Nel 1935 l'Italia, con un pretesto invase l'Etiopia, che venne rapidamente conquistata (maggio 1936: proclamazione dell'Impero).
[modifica] L'Etiopia
Per approfondire, vedi la voce Guerra d'Etiopia.
Le forze armate italiane disponevano di un vasto arsenale di granate e bombe da aeroplano caricate a iprite, sostanza che a volte fu anche spruzzata dall'alto come un "insetticida" su combattenti e villaggi. Fu Mussolini in persona ad autorizzare l'impiego di questi armi:[8]
Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco.
Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini. [9]
Gli ordini impartiti da Mussolini furono molto chiari:
Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini.
Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V. E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini.
La parte preponderante dell'opera di repressione fu compiuta dagli Italiani, che oltre alle bombe a iprite, istituirono campi di concentramento, impiantarono forche pubbliche, uccisero gli ostaggi, mutilarono i corpi dei nemici. Graziani ordinò di uccidere i guerriglieri catturati gettandoli dagli aerei in volo. Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate. Qualcuno, con "fascistico orgoglio", si mostrò sorridente ai fotografi mentre teneva in mano, per i capelli, uno di questi lugubri trofei.[citazione necessaria]
Un episodio dell'occupazione italiana in Etiopia fu la strage di Addis Abeba del febbraio 1937, seguita a un attentato dinamitardo contro Graziani. [10]
Simili tragici episodi vanno inquadrati nella spaventosa e perversa mentalità che aveva pervaso tutto il colonialismo europeo: quello del disprezzo per le popolazioni locali considerate come inferiori. Non ci fu popolo europeo che fu in seguito ricordato per episodi più commendevoli di quelli qui riportati.
Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo. Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles.
[modifica] Verso la guerra
Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini ed attuando un blocco navale per impedire rifornimenti di armi ai repubblicani. Già in questa fase si palesarono le deficienze della macchina bellica italiana, sia dal punto di vista tecnologico che di capacità di comando strategiche e tattiche, che si sarebbero acuite paurosamente pochi anni dopo.
Lungi dal rafforzare economicamente il paese, queste imprese indebolirono il consenso al regime gettando i primi semi del risentimento popolare, e in politica estera lo allontanarono da Francia e Inghilterra spingendolo ad allinearsi in maniera crescente con la Germania nazista (1936: Asse Roma-Berlino, 1937: Patto Anticomintern comprendente anche l'Impero giapponese; 1938: acquiescenza di Mussolini all'annessione dell'Austria; 1939: Patto d'Acciaio in funzione offensiva).
Nel 1938 Mussolini fece promulgare da re Vittorio Emanuele III le leggi razziali antisemite, che non avevano precedenti in Italia e che furono applicate senza entusiasmo. Nel marzo 1939, senza alcuna vera ragione, ordinò l'occupazione dell'Albania già saldamente nella sfera d'influenza italiana, ponendovi come governatore (viceré) un fedelissimo del genero Galeazzo Ciano.
Nonostante le clausole del Patto d'Acciaio (assistenza automatica in caso di guerra), nel settembre 1939 Mussolini si dichiarò non belligerante, ma nel giugno 1940, contro la volontà di gran parte della corte, degli alti gradi della Regia Marina e dell'Esercito e di alcuni dei maggiori gerarchi fascisti, entrò in guerra contro Francia ed Inghilterra, fidando nella rapida vittoria tedesca. L'impreparazione dell'esercito e l'incapacità dei suoi comandanti condussero a terribili sconfitte su tutti i fronti (Grecia 1940) e alla rapida perdita delle colonie dell'Africa Orientale (1941) e della Libia (1943), creando un indebolimento delle difese che aprì le porte all'invasione della Sicilia.
[modifica] La caduta
Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse tra il giubilo della popolazione italiana, stanca del regime e della guerra, cui sperava potesse essere posta fine in breve tempo.
Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile.
[modifica] La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
Per approfondire, vedi la voce Repubblica Sociale Italiana.
[modifica] La nascita della Repubblica sociale
Il 12 settembre, Hitler inviò una squadra di paracadutisti sul Gran Sasso, con il colonnello Otto Skorzeny come osservatore, per liberare Mussolini dalla prigionia e condurlo in Germania. Dopo aver incontrato Hitler, Mussolini fu trasferito in un castello della Baviera, sorvegliato da un plotone di SS e da dodici ispettori in borghese della Gestapo; un telefono militare permetteva di comunicare solo con il quartier generale di Hitler e con Roma.
Con un discorso alla radio, il 18 settembre Mussolini annunciò la nascita di un nuovo governo fascista; nei giorni successivi procedette alla designazione dei ministri, che si riunirono per la prima volta il 27 settembre, a Rocca delle Caminate (nei pressi di Predappio, in Romagna), in presenza di un funzionario nazista. Dopo due mesi il nuovo governo definì la sua denominazione, Repubblica Sociale Italiana (RSI).
Qualche tempo dopo alcuni dei firmatari dell'ordine del giorno che fece cadere il fascismo il 25 luglio, furono processati e riconosciuti colpevoli di alto tradimento. Galeazzo Ciano (il marito della figlia di Mussolini, Edda), Emilio De Bono, anziano quadrunviro della "marcia su Roma", Luciano Gottardi e Carlo Pareschi, furono fucilati alla schiena nella fortezza di San Procolo appena fuori Verona.
Per approfondire, vedi la voce Processo di Verona.
Bandiera di combattimento delle Forze Armate della RSILa nuova entità politica fu ribattezzata nel linguaggio popolare "Repubblica di Salò", ma in realtà non ebbe una vera e propria capitale, perché i tedeschi stabilirono la sede dei diversi ministeri a Salò, ma anche in altre località turistiche sul lago di Garda (Gardone Riviera, Maderno) e in alcune città della Lombardia e del Veneto (Cremona, Brescia, Treviso, Venezia e Padova). [11]
A Mussolini e alla sua famiglia fu assegnata una villa a Gargnano sul Garda, non lontano dal Vittoriale, la sontuosa residenza che era appartenuta a D'Annunzio, e nella quale andò a stabilirsi Claretta Petacci, l'amante di Mussolini.
[modifica] Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
Mussolini e i fascisti che lo seguirono nell'impresa di Salò (ribattezzati "repubblichini" dai loro avversari) tentarono di far rinascere il regime su nuove basi.
Il programma in 18 punti della R.S.I., discusso al congresso di Verona del novembre 1943, ripropose un regime a partito unico (art. 5), razzista e antisemita (art. 7, «Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica»). La novità stava nel carattere repubblicano del nuovo stato fascista (art. 1), negli ampi spazi previsti per le consultazioni popolari (art. 2-4) e in un programma sociale che conteneva alcuni elementi di anticapitalismo (art. 9 e sgg.), tanto che si è parlato di un ritorno al fascismo delle origini (quello del programma di Piazza san Sepolcro).
In realtà molte delle nuove parole d'ordine erano destinate a rimanere pura esercitazione verbale, anche perché la Repubblica sociale non fu un vero e proprio stato indipendente, ma un governo collaborazionista, in tutto simile a quelli sorti in altre parti d'Europa dopo le invasioni tedesche. Hitler non esitò a mutilare il territorio nazionale italiano, annettendo alla Germania alcune aree ex asburgiche (province di Trento, Bolzano, Belluno, Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume) e, nei territori che avrebbero dovuto essere di giurisdizione della Repubblica sociale, sia l'amministrazione civile sia le operazioni belliche restarono sotto il controllo ferreo dell'autorità militare tedesca.
[modifica] Il contributo militare alla guerra nazista
La Repubblica di Salò non ebbe una forza armata unitaria, in parte per volontà dei tedeschi (il generale Keitel aveva dichiarato che "il solo esercito che non ci tradirà è un esercito che non esiste"), in parte a causa delle divisioni esistenti tra i capi dei vari corpi armati, in competizione tra loro per accaparrarsi privilegi e fette sempre più ampie di potere.
I "ras" della Repubblica erano il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, che controllava le forze di polizia; Renato Ricci, capo della Milizia fascista, divenuta Guardia nazionale repubblicana; il segretario del partito Alessandro Pavolini, che nell'estate del '44 fondò una nuova milizia di partito, le Brigate Nere; il generale Rodolfo Graziani, Ministro della guerra e capo dell'esercito della Repubblica sociale.
Ma all'interno dell'esercito alcuni reparti agivano in modo sostanzialmente autonomo; in particolare, fu espressamente indipendente dai comandi di Graziani l'ex reparto speciale della Marina regia denominato Decima Mas, che, ai comandi del principe Junio Valerio Borghese, dopo l'8 settembre aveva intessuto relazioni dirette con i tedeschi, sottraendosi all'autorità del governo della Repubblica di Salò.
Per approfondire, vedi la voce Decima Mas di Borghese.
A queste sparse formazioni armate vanno infine aggiunte le SS italiane, formalmente inquadrate nelle forze militari tedesche.
I corpi armati della Repubblica di Salò non furono utilizzati al fronte, nella guerra contro gli Alleati, con l'unica eccezione della X MAS di Borghese e di alcuni gruppi di combattimento della GNR. Il loro compito principale fu quello di compiere rastrellamenti nelle zone "infestate" dai partigiani, sempre sotto la direzione dei comandi militari tedeschi. La lotta contro la resistenza partigiana fu attuata anche da una serie di bande di squadristi, che operavano in alcune città italiane con il supporto dei tedeschi e del Ministero degli interni della Repubblica sociale. Le più famigerate di queste formazioni furono la Legione autonoma Muti di Franco Colombo (a Milano), la "Silvio Parodi" (a Genova) la banda Carità (prima a Firenze, poi a Padova) e la banda Koch (prima a Roma, poi a Firenze, infine a Milano).
Queste formazioni erano composte da individui feroci e senza scrupoli, che approfittavano della guerra per compiere vendette personali, arricchirsi personalmente con furti e rapine, e sfogare i propri istinti sadici sulle donne e gli uomini finiti nelle loro mani. In ognuna delle città in cui queste bande spadroneggiarono (con il sostegno del Ministero degli Interni della R.S.I., Buffarini Guidi) comparvero le famigerate "ville tristi", luoghi di ritrovo per gli squadristi, ma anche centri di detenzione e tortura per i sospetti partigiani; a Roma era tristemente celebre anche la prigione nazista di via Tasso, dove le "indagini" venivano svolte dalle SS. [12]".
[modifica] Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
Dopo l'8 settembre i nazisti avviarono in Italia l'opera di rastrellamento e deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, uno dei quali si trovava vicino Trieste, nella Risiera di San Sabba. A Roma la deportazione cominciò il 16 ottobre, quando le SS rastrellarono più di mille ebrei (dopo che il comandante Kappler aveva estorto dalla comunità ebraica romana un cospicuo riscatto in oro, con la fraudolenta promessa di sottrarla alla deportazione).
I fascisti della Repubblica sociale collaborarono attivamente alla deportazione in tre modi:
il 30 novembre 1943 decretarono l'arresto degli ebrei di tutte le nazionalità, il loro internamento in campi di prigionia e il sequestro (poi tramutato in confisca) di tutti i loro beni (Ordine di polizia n. 5 del Ministero dell'Interno della Repubblica sociale italiana);
istituirono una rete di campi di internamento per gli ebrei arrestati, il più importante dei quali fu il campo nazionale di Fossoli di Carpi in provincia di Modena, allestito nel dicembre 1943 e trasferito a Bolzano nell'agosto 1944;
a partire dal 5 febbraio 1944 i fascisti italiani consegnarono ai tedeschi gli ebrei arrestati e confinati a Fossoli. I convogli partiti da Fossoli finirono a Bergen Belsen e Auschwitz, dove gli scampati furono solo poche centinaia.
[modifica] La fine della RSI
L'ultimo tentativo prima della capitolazione fu il progetto irrealistico, sostenuto con veemenza dal comandante delle Brigate Nere Alessandro Pavolini, del cosidetto Ridotto Alpino Repubblicano. Si trattava di convogliare in Valtellina, le ultime forze fasciste per una sacca di resistenza ad oltranza, nella speranza di arrivare ad una pace separata, ad un armistizio con gli Alleati. Gli eventi portarono invece il 28 aprile 1945 alla liberazione del nord Italia, alla fucilazione di Mussolini, della compagna Claretta Petacci e di numerosi altri gerarchi e l'esposizione dei loro cadaveri a piazzale Loreto a Milano, ove rimasero esposti al ludibrio della folla per alcune ore nella mattinata del 29 aprile, nello stesso luogo nel quale il 10 agosto 1944 era stata consumata dai nazifascisti la strage di Piazzale Loreto, lasciando esposti i cadaveri di 15 antifascisti fucilati per l'intera giornata. Tali eventi segnarono la fine della guerra e del regime fascista in Italia.
[modifica] Il "neofascismo"
Per approfondire, vedi la voce Neofascismo.
Nonostante il divieto di ricostituzione del disciolto partito nazionale fascista, stabilito dalla Costituzione Repubblicana, movimenti fascisti sopravvissero anche dopo la guerra.
In particolare il Movimento Sociale Italiano di Arturo Michelini, talvolta alleato dei vari movimenti monarchici, con i quali si unì nel 1972 creando il MSI-DN, fu accusato di costituire un tentativo di "ricostituzione del disciolto PNF". Molti ex-ministri fascisti e notabili del partito confluirono anche nella neonata Democrazia Cristiana, che vinse le elezioni del 1948 con una maggioranza schiacciante e governò l'Italia per decenni.
Il MSI ridusse nel 1994 i legami col movimento mussoliniano e si trasformò in Alleanza Nazionale durante un congresso a Fiuggi. Un gruppo di irriducibili nostalgici, legati all'ex-segretario e combattente della Rsi Pino Rauti, si staccò allora da AN (proprio in occasione del Congresso di Fiuggi) e fondarono il partito della Fiamma Tricolore. Di recente, dopo alcune vicende personali, Rauti ha lasciato anche questo movimento per fondarne uno nuovo (Mis, Movimento idea sociale).
Contemporaneamente Alessandra Mussolini, nipote del dittatore, lasciava AN in aperta polemica col suo presidente Gianfranco Fini, il quale aveva preso le distanze dalle posizioni legate al fascismo e alla figura di Mussolini [13]. La Mussolini fondò così un proprio partito (AS, Azione Sociale) che promosse l'alleanza denominata Alternativa Sociale che univa AS ad altri due movimenti neofascisti e nazionalisti: Forza Nuova, guidato da Roberto Fiore, e Fronte Sociale Nazionale, fondato da Adriano Tilgher.
[modifica] Il Fascismo nel mondo
Opinione minoritaria di alcuni storici è che la prima vera forma di fascismo, precedente a quello italiano e tedesco, risalga ai cosiddetti Cento Neri, squadre paramilitari di destra attive ai primi del Novecento in Russia. [citazione necessaria]
Di fronte al crescente movimento operaio rivoluzionario, il manifesto zarista dell'ottobre 1905 prometteva nuove istituzioni democratiche.
A due settimane dal manifesto, ci furono 690 pogrom. Il regime dello zar Nicola II organizzò i pogrom, finanziò il volantinaggio di propaganda e i pogrom dei "Cento Neri" che, senza le reazioni della polizia, deportarono circa 3.000 Ebrei.[citazione necessaria]
Gli storici sopra citati osservano come alcuni caratteri sono comuni a quelli dei movimenti di Mussolini e di Hitler: il militarismo, i metodi violenti, l'avversione per la democrazia, l'anti-semitismo e come invece all'esperienza dei Cento Neri sia mancata quella carica rivoluzionaria e messianica comune alle due dittature, il culto del capo e soprattutto quella connotazione come movimento di massa che rappresenta una caratteristica essenziale del fascismo.
[modifica] Il punto di vista anglo-americano
Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism, che tuttavia non designa specificamente il regime fascista del Ventennio né il movimento che lo portò a compimento bensì è usato genericamente ad indicare regimi di tipo militarista, conservatore, reazionario. L'intellettuale Noam Chomsky ad esempio parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi quali quello di Pinochet od altri dittatori del sudamerica.
[modifica] Le derivazioni del caso italiano
Quando in Italia iniziò il potere del partito fascista il resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) non guardava con sfavore il regime di Mussolini, vedendo in lui un forte antagonista al bolscevismo sovietico e un argine contro l'eversione. Perciò non mancarono in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti.
Il più famoso era il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler, che seppur avendo molte ideologie in comune con il fascismo, soprattutto il nazionalismo ed il socialismo nazionale, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile"[citazione necessaria]. Successivamente, nonostante le iniziali divergenze il Duce - in parte per le ideologie comuni e in parte per motivi strategici - portò l'Italia nel novero degli alleati della Germania nazionalsocialista.
Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere.
Austria In Austria ci fu il "Fronte Patriottico", fondato da Engelbert Dollfuss, che salì al potere nel 1932; nel 1933 sciolse gli altri partiti e ne fece arrestare i deputati instaurando un breve regime conservatore e autoritario.
Il regime austriaco, apertamente nazionalista e filofascista, stipulò con l'Italia un patto di alleanza. Tuttavia fu contrario all'Anschluss e decisamente antinazista. Nel 1934 Engelbert Dollfuss fu ucciso durante un tentativo di colpo di stato da parte di nazisti austriaci. La politica di Dollfuss fu portata avanti ancora dal suo collaboratore Kurt von Schuschnigg fino all'annessione (1938) dell'Austria al Terzo Reich. Questo forma di fascismo è stata definita Austrofascismo.
Bulgaria In Bulgaria, dove il re Boris III nel 1934 stabilì un regime autoritario apartitico volto ad evitare il coinvolgimento delle masse nella politica, l'attivismo fascista rimase fenomeno di minor rilievo.
Grecia In Grecia salì al potere il generale Joannis Metaxas che, abolite le libertà politiche e diversi articoli della Costituzione, sospese il Parlamento a tempo indeterminato ed instaurò un regime dittatoriale largamente modellato sul fascismo italiano, caratterizzato dalla profonda avversione al comunismo, dalla forte censura, dal militarismo, dal culto della personalità e dal forte nazionalismo. Consapevole del pericolo portato all'indipendenza greca dalla strategia mussoliniana che mirava a fare del Mediterraneo un "lago italiano", tuttavia, Metaxas rimase discosto dall'Asse in politica estera, restando piuttosto prossimo alla Gran Bretagna (vista come unica Potenza in grado di contrastare i disegni egemonici italiani nell'area) e mantenendo la neutralità allo scoppio delle seconda guerra mondiale.
Romania In Romania, per difendere il paese dal comunismo, fu fondata una milizia nota come le "Guardie di ferro", di cui era comandante Corneliu Zelea Codreanu, che aiutò il re Carol ad instaurare una dittatura. Nel 1940 il paese passò sotto il controllo di Ion Antonescu il quale, sostituito Carol col figlio Michele, si dichiarò Conducator, cioè "duce", ed entrò nell'Asse.
Ungheria In Ungheria, l'ammiraglio Horthy guidò la controrivoluzione (il partito comunista aveva preso il potere nel marzo del 1919) schierandosi con le Potenze dell'Asse. Nel 1944 fu estromesso dalla rivoluzione delle Croci frecciate, partito nazionalsocialista e apertamente filonazista.
Spagna In Spagna dopo la lunga guerra civile (1936-1939), Francisco Franco e il partito Falange spagnola, apertamente fascista, fondarono un regime cattolico e tradizionalista durato sino al 1975.
Quando era ancora in vita, il Caudillo nominò Juan Carlos I di Borbone suo legittimo erede alla guida della Spagna, e questi condusse il suo paese verso un ritorno alla democrazia in maniera graduale e pressoché indolore.
Portogallo In Portogallo, a partire dal 1932, sulla scia della dittatura militare instaurata pochi anni prima dal generale Carmona, il primo ministro António de Oliveira Salazar in breve tempo creò un regime che, ispirato ai principi del fascismo di matrice italiana, attraversò indenne la Seconda guerra mondiale.
La dittatura cessò nel 1974, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei Garofani".
Altri paesi Anche in altri paesi erano presenti dei movimenti fascisti: in Gran Bretagna le Camicie Nere di Oswald Mosley, in Francia le Croci di Fuoco, in Belgio il Rexismo.
[modifica] Il Fascismo come idealismo
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Secondo la teoria dell'intellettuale Julius Evola, il Fascismo è una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, dal Sacro Romano Impero all'Islam.
[modifica] I modi del Fascismo
[modifica] Italianizzazione dei nomi
Per approfondire, vedi la voce Italianizzazione (fascismo).
Tra i metodi utilizzati dal Fascismo per instaurare una cultura depurata da influenze considerate straniere vi era quello dell'Italianizzazione di nomi e cognomi derivanti da altre lingue, dei toponimi (specialmente i comuni delle regioni di frontiera) e vari nomi comuni.
[modifica] Le interpretazioni del Fascismo
Per approfondire, vedi le voci Le interpretazioni del fascismo e Fascismo. Storia e interpretazione.
All'interno della vasta critica storica sul Fascismo, è possibile individuare varie interpretazioni, tra cui:
quella di Mussolini, che nell'Enciclopedia Italiana alla voce relativa scrisse "il Fascismo fu ed è azione"
quella liberale di Benedetto Croce, che considera il Fascismo come una "parentesi" della storia italiana, una "malattia morale" a seguito della Grande Guerra;
quella democratico-radicale, che considera il Fascismo come un prodotto logico, inevitabile, degli antichi mali del nostro paese;
quella di tradizione marxista, che considera il Fascismo come un prodotto della società capitalista e della reazione della grande borghesia contro il proletariato;
quella revisionista di Renzo De Felice, che intende rivedere il giudizio storico tradizionale sul Fascismo, sottolineandone il consenso raggiunto nella società italiana e le radici profonde nella situazione del primo dopoguerra.
[modifica] Gli slogan fascisti
Per approfondire, vedi la voce Slogan fascisti.
Credere, obbedire e combattere
Dux mea lux
Dux nobis
Fedeltà è più forte del fuoco
Se il Mediterraneo per gli altri è una strada, per noi è la vita
[modifica] Curiosità
Corrado Guzzanti, per la prima volta nella trasmissione Il caso Scafroglia del 2002, presenta il personaggio Gaetano Maria Barbagli, immaginario gerarca fascista inviato a conquistare il pianeta Marte assieme alla squadra di camicie nere ai suoi ordini. La storia, narrata nello stile dei cinegiornali dell'Istituto Luce del ventennio fascista, sarà successivamente ripresa ed ampliata nel film Fascisti su Marte, proiettato nel 2006 e realizzato dallo stesso Guzzanti dopo anni di lavoro e ricerche.
[modifica] Note
^ Nota: per le fonti complessive della voce fai riferimento alla sottostante bibliografia.
^ Nell'appunto relativo al 4 settembre 1938 dei suoi Diari, l'allora Ministro degli Esteri e genero del duce scrisse: «Il Duce è molto montato contro gli ebrei. Mi fa cenno ai provvedimenti che intende far adottare dal prossimo Gran Consiglio e che costituiranno, nel loro complesso, la Carta della Razza. In realtà è già redatta di pugno dal Duce. Il Gran Consiglio non farà che sanzionarla con la sua deliberazione.» Tratto da Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943 - a cura di Renzo De Felice Edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006, ISBN 88-17-11534-7 pag. 173.
^ r.d.l. 1381, 1390, 1539, 1630, 1728, 1779 e 2111 del 1938 e 126 del 1939, nonchè leggi 1024, 1054, 1055 e 1056 del 1939 ed altre successivamente
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ "Giliberto Capano e Elisabetta Gualmini - La pubblica amministrazione in Italia - Bologna, il Mulino 2006", pag. 121
^ INPS La nostra storia
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ Il testo dei telegrammi è citato in: Angelo del Boca. I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia. Roma: Editori Riuniti, 1996, pp. 148-182. Una selezione più estesa dei telegrammi è disponibile in: I telegrammi di Mussolini dal sito web «Crimini di guerra». Riportato il 31 gennaio 2007.
^ Mussolini e i generali italiani cercarono di avvolgere nella massima segretezza le operazioni della guerra chimica, ma i crimini dell'esercito fascista furono rivelati al mondo dalle denunce della Croce Rossa internazionale e di alcuni osservatori stranieri. La reazione italiana fu – per ben 19 volte - il bombardamento "per errore" delle tende della Croce Rossa poste nelle vicinanze di accampamenti militari etiopici. La prima di queste incursioni – autorizzate da Mussolini in persona - avvenne nel dicembre 1935 e colpì una struttura gestita dagli Svedesi, dove si contarono 29 morti e 50 feriti.
^ Nel corso di una cerimonia ufficiale esplose una bomba. La rappresaglia fu immediata e crudele. I circa trecento Etiopi presenti alla cerimonia furono trucidati e, subito dopo, le camicie nere della Milizia fascista si riversarono nelle strade di Addis Abeba dove seviziarono e uccisero tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che incontrarono nel loro cammino; incendiarono case, impedendo agli abitanti di uscirne; organizzarono esecuzioni in massa di gruppi di 50-100 persone.
I dati riportati sono ricavati da un documentario storico prodotto dalla BBC nel 1989 (Fascist legacy) e dalle seguenti opere: Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. IX, Milano 1981, Angelo Del Boca, Giorgio Rohat e altri, I gas di Mussolini, Roma 1996.
^ L'equivoco su Salò nacque perché in quella località risiedeva il Ministero della cultura popolare, per cui i comunicati della radio fascista contenevano spesso la formula "Da Salò vi parla…"
^ A una di queste formazioni – la banda Koch – si unirono anche due celebri attori dell'epoca (Osvaldo Valenti e Luisa Ferida)
^ sino a poco tempo prima da lui stesso definito come "Il più grande statista del XX secolo": [1]
[modifica] Bibliografia
Edoardo Savino, La nazione operante, Milano 1928
R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1977
P. Scoppola, La chiesa e il fascismo, Bari 1976
A. Del Boca, Le guerre coloniali del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1991
G. Petrillo, Fascismo, Milano 1994
L. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1977
P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1971
P. Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna 1985
Angelo Tasca, La nascita del fascismo, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2006
Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, 2002
Giardina-Sabbatucci-Vidotto, Profili storici: dal 1900 ad oggi, Laterza, 2000
Andrea Jelardi, Goffredo Coppola un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo, Mursia, Milano 2005.
Andrea Jelardi, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo, con 100 biografie di personaggi del ventennio, Realtà Sannita, Benevento 2007.
[modifica] Voci correlate
Benito Mussolini
Storia dell'Italia fascista
Neofascismo
Post-fascismo
Italianizzazione (fascismo)
Apologia del fascismo
Gran Consiglio del Fascismo
Clerical fascismo
Repubblica Sociale Italiana
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Fascismo giapponese
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Fascismo a San Marino
Antifascismo
Partito Nazionale Fascista
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Storia del fascismo 2
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fascismo fu un movimento politico di estrema destra del XX secolo che sorse in Italia alla fine della prima guerra mondiale.[1].
Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso, in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale.
Il nome deriva dalla parola fascio (in lingua latina: fascis) e fa riferimento ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo di unione. L'ascia presente nel fascio simboleggiava il loro potere, in particolare quello giurisdizionale.
Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini:
« Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non è antitetico ed è piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che è ipoteca arbitraria sul misterioso futuro. »
(Benito Mussolini, 19 agosto 1921 - Diario della Volontà)
Indice
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Indice
1 La fondazione e la crescita
2 Radici ed obiettivi
3 Storia del Fascismo
3.1 Precursori e premesse
3.2 Il fascismo al potere
3.2.1 L'Era fascista
3.3 La dittatura
3.4 Consenso e propaganda
3.5 Politica economica
3.5.1 La battaglia del grano
3.5.2 L'autarchia
3.5.2.1 Le bonifiche
3.6 La riforma Gentile
3.7 La politica estera
3.8 L'Etiopia
3.9 Verso la guerra
3.10 La caduta
4 La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
4.1 La nascita della Repubblica sociale
4.2 Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
4.3 Il contributo militare alla guerra nazista
4.4 Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
5 La fine della RSI
6 Il "neofascismo"
7 Il Fascismo nel mondo
7.1 Il punto di vista anglo-americano
7.2 Le derivazioni del caso italiano
8 Il Fascismo come idealismo
9 I modi del Fascismo
9.1 Italianizzazione dei nomi
10 Le interpretazioni del Fascismo
11 Gli slogan fascisti
12 Curiosità
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
[modifica] La fondazione e la crescita
Un littore romano, aveva il compito di proteggere i magistrati.Mussolini, già espulso per interventismo nella prima guerra mondiale dal Partito Socialista Italiano, il 23 marzo 1919 diede vita a Milano ad un piccolo gruppo denominato Fasci italiani di combattimento.
Era stato fino ad allora un esponente del sindacalismo rivoluzionario e poi del socialismo italiano, come del resto il padre, che pare avesse combattuto con Pancho Villa in Messico[citazione necessaria], da cui il nome Benito (in onore del rivoluzionario messicano Benito Juárez). In quest'ottica si schierò decisamente contro l'intervento italiano in Libia del 1911.
Storicamente fu Dino Grandi a concepire l'idea e la definizione del fascio come simbolo del movimento[citazione necessaria]. Il fascismo fu il primo dei grandi movimenti nazionalisti diffusisi rapidamente in Europa negli anni venti e trenta del XX secolo, accomunati da una matrice comune di conservatorismo, nazionalismo, autoritarismo e culto della personalità del dittatore: il nazismo in Germania, le guardie di ferro in Romania, il franchismo in Spagna. Anche movimenti che non si ispiravano inizialmente al fascismo, come lo stalinismo o il maoismo ne assorbirono gli impianti organizzativi.
Dal 1938 in poi, con la promulgazione di un insieme di provvedimenti legislativi e normativi noto come Leggi razziali fasciste, secondo autorevoli testimoni quali Galeazzo Ciano redatte in gran parte da Mussolini in persona[2], il fascismo si dichiarò esplicitamente anche antisemita [3] e, anche se non fu realizzato alcun intento di sterminio fino al 1943 (quando l'Italia venne occupata dall'esercito nazista), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, spesso privati del lavoro ed esposti a varie forme di vessazione.
[modifica] Radici ed obiettivi
Benito Mussolini durante un discorsoIl fascismo tendeva ad imporre l'assoluta preminenza del partito fascista, in ogni aspetto della vita politica e sociale.
Pur combattendo il comunismo e il socialismo come nemici della patria e della società (col diretto appoggio, in questo, della grande industria e dei capitalisti privati) Mussolini mutuò dalla dottrina socialista alcune idee, creando uno stato maggiormente centralizzato, seppure strutturando l'economia in un modello corporativista. In particolare, Mussolini affermava, a chi glielo domandasse, di avere come modelli ideologici due insurrezionalisti: il pre-marxista Auguste Blanqui e il sindacalista rivoluzionario Georges Eugène Sorel [citazione necessaria].
Le radici del fascismo, come degli altri regimi totalitari europei "cugini" del periodo, vanno individuate nella profonda crisi della società italiana del primo dopoguerra e nelle deboli radici della sua democrazia liberale.
L'ideologia del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte.
Il fascismo visse soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta e ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto.
« Il mussolinismo è (...) un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza. »
(Piero Gobetti, "La rivoluzione liberale")
Il fascismo si riallaccia a correnti di pensiero ultraconservatrici, che risalgono al XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il preteso materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, secondo molti storicamente inesatta, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune.
Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa che avvilisce l'uomo (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (Alfred Rosenberg, con il suo Il mito del XX secolo, o Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente). L'ideologia fascista fu tuttavia sempre piuttosto contraddittoria e al fianco di queste posizioni reazionarie conviveva, non sempre armoniosamente, un culto della modernità e della tecnica di ispirazione futurista.
[modifica] Storia del Fascismo
Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Italia fascista.
[modifica] Precursori e premesse
In Italia il fascismo trovò i suoi precursori negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo (il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini), e nel decadentismo di Gabriele D'Annunzio e in numerosi altri pensatori ed azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle fila fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno , conseguenza della Prima guerra mondiale, dell' arditismo.
Fu l'indiscutibile abilità di politico di Benito Mussolini, ex dirigente del Partito Socialista Italiano, convertito alla causa del nazionalismo e della Grande Guerra, a fondere la confusa congerie di idee, aspirazioni, frustrazioni degli ex combattenti reduci dalla dura esperienza della guerra di trincea, in un movimento politico che all'inizio ebbe una chiara ispirazione socialista e rivoluzionaria (vedi il programma dei fasci di combattimento del marzo 1919) e che si contraddistinse fin da subito per la violenza dei metodi impiegati contro gli oppositori.
La crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione e l'inflazione crescenti, la smobilitazione dell'esercito (che restituì alla vita civile migliaia di persone), i conflitti sociali e gli scioperi nelle fabbriche del nord, l'avanzata del partito socialista divenuto il primo partito alle elezioni del 1919, crearono, negli anni 1919-1922, le condizioni per un grave indebolimento delle strutture statali e per un crescente timore da parte dei ceti agrari e industriali di una rivoluzione comunista in Italia sul modello di quella in corso in Russia.
In questa situazione fluida, Mussolini colse l'occasione e, abbandonando rapidamente il programma socialista e repubblicano, si pose al servizio della causa antisocialista; le milizie fasciste, appoggiate dai ceti possidenti e da buona parte dell'apparato statale che vedeva in lui il restauratore dell'ordine, lanciarono una violenta offensiva contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista (ma anche cattolici), in particolar modo nel centro-nord d'Italia (soprattutto Emilia Romagna e Toscana), causando numerose vittime nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine.
Le violenze furono nella gran parte dei casi provocate dagli squadristi fascisti, che sempre più apertamente furono appoggiati da Dino Grandi, l'unico reale competitore di Mussolini per la leadership all'interno del partito, che nel congresso di Roma del 1921 si fece da parte e diede via libera al futuro Duce.
La violenza crebbe considerevolmente negli anni 1920-22 fino alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922).
Per approfondire, vedi la voce Marcia su Roma.
[modifica] Il fascismo al potere
1920: A Trieste i fascisti incendiarono la Narodni Dom (Casa del popolo), centro culturale degli SloveniDi fronte all'avanzata di milizie fasciste mal armate e guidate su Roma, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, preferendo evitare ogni spargimento di sangue e ignorando i suggerimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Luigi Facta che gli chiedeva di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio, decise di affidare l'incarico di Presidente del Consiglio a Mussolini, che in quel momento aveva in Parlamento non più di 22 deputati.
Vittorio Emanuele mantenne sempre il controllo dell'esercito: se avesse voluto, avrebbe potuto senza problemi bandire da Roma Mussolini e le forze fasciste, inferiori in tutto alle guarnigioni di stanza nella capitale; in virtù di ciò la marcia su Roma, a rigor di termini, non può essere considerata un colpo di stato, in quanto Mussolini ottenne, di fatto, l'incarico di formare un nuovo esecutivo legalmente, godendo dell'appoggio (quantunque oggetto di molte e profonde critiche) del sovrano.
Per approfondire, vedi la voce Governo Mussolini.
Da primo ministro, i primi anni di Mussolini (1922-1925) furono caratterizzati da un governo di coalizione, composto da nazionalisti, liberali e popolari, che non assunse fino al delitto Matteotti veri e propri connotati dittatoriali. In politica interna Mussolini favorì la completa restaurazione dell'autorità statale e la soppressione dell'estrema sinistra, con l'inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e la progressiva identificazione del Partito in Stato.
In politica economica e sociale vennero emanati provvedimenti che favorivano i ceti industriali e agrari (privatizzazioni, liberalizzazione degli affitti, smantellamento dei sindacati).
Nel luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale maggioritaria, che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi, regola puntualmente applicata nelle elezioni del 6 aprile 1924, nelle quali il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche dai brogli, dalle violenze e dalle intimidazioni contro gli oppositori.
L'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l'annullamento delle elezioni per le irregolarità commesse, provocò una momentanea crisi del governo Mussolini.
Per approfondire, vedi la voce Delitto Matteotti.
Il leader socialista Matteotti fu ucciso perché denunciò alla Camera dei deputati nel 1924 i brogli e le violenze commesse dai fascisti durante la campagna elettorale. Il suo assassinio ebbe un'eco vastissima nell'opinione pubblica in cui si diffuse la convinzione che a ordinarlo fossero stati i vertici del governo.
L'episodio dimostrava che la "normalizzazione" dello squadrismo annunciata da Mussolini non era riuscita e che un'opposizione legale non era gradita. I partiti d'opposizione reagirono abbandonando il Parlamento: fu la "secessione dell'Aventino", così chiamata in analogia con la decisione della plebe dell'antica Roma di ritirarsi sul colle dell'Aventino per protesta contro i soprusi dei patrizi. Contrario a tale scelta fu solamente il Partito Comunista che rimase isolato nel proporre uno sciopero generale.
Gli aventiniani miravano a incrinare l'intesa tra fascisti e la loro coalizione provocando un intervento del re, ma le loro aspettative furono deluse poiché Vittorio Emanuele III si astenne da ogni iniziativa.
La debole risposta delle opposizioni, incapaci di trasformare il loro gesto in un'azione antifascista di massa, non fu sufficiente ad allontanare le classi dirigenti e la Monarchia da Mussolini che, il 3 gennaio 1925, ruppe gli indugi e, con un noto discorso nel quale assumeva su di sé l'intera responsabilità del delitto Matteotti e delle altre violenze squadriste, di fatto proclamò la dittatura, sopprimendo ogni residua libertà e completando l'identificazione assoluta del Partito Nazionale Fascista con lo Stato.
[modifica] L'Era fascista
La pervasività della dittatura giunse al punto di istituire la cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923.
Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista.
L'Era fascista iniziò il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista).
L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945.
[modifica] La dittatura
Per l'effettiva realizzazione di uno stato dittatoriale - ossia per vedere formalmente inserite all'interno dello Stato italiano organizzazioni e istituzioni derivate dal Partito Fascista - occorrerà attendere la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta il 9 dicembre 1928. Pur potendo essere definito un regime dittatoriale, il regime conservò in vigore lo Statuto del Regno (Statuto Albertino) piegandolo però alle proprie esigenze.
Dal 1925 fino alla metà degli anni trenta il fascismo conobbe solo un'opposizione sotterranea e di carattere cospirativo, guidata in buona parte da comunisti come Antonio Gramsci, socialisti come Pietro Nenni, demo-liberali come Giovanni Amendola, liberali come Piero Gobetti, molti dei quali pagarono con la vita, l'esilio, pene detentive o il confino il loro rifiuto.
[modifica] Consenso e propaganda
La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti ma anche quel mondo agricolo vicino al Partito Popolare, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e il socialismo e soprattutto contro il disordine economico successivo alla guerra '15-18: da parte sua, il fascismo italiano non esercitò mai una grande opera di indottrinamento della popolazione come quella intrapresa dal nazismo in Germania, ma piuttosto, come il franchismo spagnolo, si limitò nella maggior parte dei casi ad esigere solo una partecipazione di facciata.
Impero italiano nel 1940Tale situazione venne favorita dal riavvicinamento con la Chiesa Cattolica, che culminò nel Concordato dell'11 febbraio 1929, con cui si chiudeva l'annosa questione dei rapporti tra Stato e Chiesa aperta nel 1870 dalla Breccia di Porta Pia e che restituiva al cattolicesimo il ruolo di religione di Stato. Con i patti lateranensi firmati il 29 febbraio 1929 ci fu un accordo tra stato italiano e chiesa: la Santa Sede riconobbe lo stato italiano, che a sua volta riconosceva la sovranità della chiesa sullo stato della città del Vaticano, che ricevette anche delle indennità per la perdita dello stato della Chiesa. Con questi patti ci fu un riavvicinamento alla politica della popolazione italiana (in Italia la popolazione era per il 99 per cento cattolica).
Per approfondire, vedi la voce Patti Lateranensi.
Benito Mussolini e Adolf Hitler in JugoslaviaInoltre è proprio a questo periodo che risalgono i notevoli risultati del regime nel campo dei lavori pubblici e delle politiche sociali, che giovarono al regime stesso altissimi consensi: sono gli anni, infatti, della bonifica delle paludi pontine, della battaglia del grano e dell'appoderamento delle vaste aree del latifondo paludoso-malarico a favore delle famiglie degli strati più indigenti tra gli ex combattenti del primo conflitto mondiale, o con iniziative come le colonie estive per combattere il gozzo (allora malattia endemica), gli anni che danno inizio alla politica delle bonifiche e delle fondazioni delle "città nuove", opera del Razionalismo italiano, rurali o coloniali come Latina (allora Littoria), Sabaudia o Portolago, che, oltre al consenso popolare, donarono un'ampia visibilità internazionale al regime.
[modifica] Politica economica
Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati)[4]. Si limito' la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925. [citazione necessaria] Nel settore previdenziale, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (CNAS), istituita nel 1919, venne trasformata nel 1933 nell' ente di diritto Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS, attuale INPS) e arrivò ad impiegare 6.000 dipendenti nel 1937." [5] e vennero disciplinati istituti di diritto del lavoro quali malattia, maternità ed infortuni. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione[6] .
[modifica] La battaglia del grano
Per raggiungere l'autosufficienza alimentare venne iniziata la battaglia del grano, che prevedeva l'aumento della superficie coltivata e l'utilizzo di tecniche più avanzate. La "battaglia" portò ad un aumento del 50 per cento della produzione cerealicola e le importazioni si ridussero di un terzo. Ciò comportò però una riduzione della produzione di colture ortofrutticole.
[modifica] L'autarchia
La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi.
Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della Guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia.
Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital.
[modifica] Le bonifiche
In soli tre anni vennero concluse le bonificazioni dell'Agro Pontino, che videro al lavoro migliaia di uomini, soprattutto poveri contadini del centro-nord[7]. Vennero costruite nella nuova fertile pianura 3000 fattorie, da destinarsi, in buona parte, ai contadini che lavorarono alla bonifica. Altre imponenti bonifiche si ebbero nella valle del Po e sulla murgia barese.
[modifica] La riforma Gentile
Vi fu una riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile dal 1923: questa prevedeva un' istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile.
Nel 1939 segui la riforma Bottai, però, ebbe meno fortuna in quanto a notorietà di quella dell'illustre precedente, anche perché si distaccò poco dalla precedente se non nel senso di una maggiore funzionalità al regime.
[modifica] La politica estera
In politica estera Mussolini, dopo l'incidente di Corfù del 1923, per un lungo periodo non si discostò dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa con una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista.
L'Italia mantenne ottime relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919), tentando altresì di estendere la sua influenza verso i Paesi sorti dallo sfacelo dell'Impero austro-ungarico (Austria e Ungheria) e nei Balcani (Albania, Grecia) in funzione anti-jugoslava.
L'Italia fu inoltre uno dei primi paesi europei a stabilire nel 1929 relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica.
Nel 1934 Mussolini si erse a difensore dell'indipendenza dell'Austria contro le mire annessionistiche della Germania hitleriana, sebbene l'avvicinamento italiano col Paese confinante, che il Duce portò sino alla personale amicizia col cancelliere Engelbert Dollfuss (ucciso appunto dai tedeschi) e allo schierare l'esercito al Brennero minacciando l'intervento armato in caso di invasione tedesca, non avesse secondo alcuni obiettivi tanto differenti.
L'affermazione del nazismo in Germania ed il successo di Hitler negli anni 1934-36, di fronte alla sostanziale inazione delle democrazie occidentali, convinsero Mussolini che vi fosse per l'Italia l'opportunità di espandere ulteriormente il suo prestigio e le sue conquiste territoriali, pur con un apparato industriale gracile e provato dalla crisi economica del 1929 e con un esercito arretrato e mal equipaggiato.
Nel 1935 l'Italia, con un pretesto invase l'Etiopia, che venne rapidamente conquistata (maggio 1936: proclamazione dell'Impero).
[modifica] L'Etiopia
Per approfondire, vedi la voce Guerra d'Etiopia.
Le forze armate italiane disponevano di un vasto arsenale di granate e bombe da aeroplano caricate a iprite, sostanza che a volte fu anche spruzzata dall'alto come un "insetticida" su combattenti e villaggi. Fu Mussolini in persona ad autorizzare l'impiego di questi armi:[8]
Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco.
Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini. [9]
Gli ordini impartiti da Mussolini furono molto chiari:
Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini.
Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V. E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini.
La parte preponderante dell'opera di repressione fu compiuta dagli Italiani, che oltre alle bombe a iprite, istituirono campi di concentramento, impiantarono forche pubbliche, uccisero gli ostaggi, mutilarono i corpi dei nemici. Graziani ordinò di uccidere i guerriglieri catturati gettandoli dagli aerei in volo. Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate. Qualcuno, con "fascistico orgoglio", si mostrò sorridente ai fotografi mentre teneva in mano, per i capelli, uno di questi lugubri trofei.[citazione necessaria]
Un episodio dell'occupazione italiana in Etiopia fu la strage di Addis Abeba del febbraio 1937, seguita a un attentato dinamitardo contro Graziani. [10]
Simili tragici episodi vanno inquadrati nella spaventosa e perversa mentalità che aveva pervaso tutto il colonialismo europeo: quello del disprezzo per le popolazioni locali considerate come inferiori. Non ci fu popolo europeo che fu in seguito ricordato per episodi più commendevoli di quelli qui riportati.
Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo. Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles.
[modifica] Verso la guerra
Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini ed attuando un blocco navale per impedire rifornimenti di armi ai repubblicani. Già in questa fase si palesarono le deficienze della macchina bellica italiana, sia dal punto di vista tecnologico che di capacità di comando strategiche e tattiche, che si sarebbero acuite paurosamente pochi anni dopo.
Lungi dal rafforzare economicamente il paese, queste imprese indebolirono il consenso al regime gettando i primi semi del risentimento popolare, e in politica estera lo allontanarono da Francia e Inghilterra spingendolo ad allinearsi in maniera crescente con la Germania nazista (1936: Asse Roma-Berlino, 1937: Patto Anticomintern comprendente anche l'Impero giapponese; 1938: acquiescenza di Mussolini all'annessione dell'Austria; 1939: Patto d'Acciaio in funzione offensiva).
Nel 1938 Mussolini fece promulgare da re Vittorio Emanuele III le leggi razziali antisemite, che non avevano precedenti in Italia e che furono applicate senza entusiasmo. Nel marzo 1939, senza alcuna vera ragione, ordinò l'occupazione dell'Albania già saldamente nella sfera d'influenza italiana, ponendovi come governatore (viceré) un fedelissimo del genero Galeazzo Ciano.
Nonostante le clausole del Patto d'Acciaio (assistenza automatica in caso di guerra), nel settembre 1939 Mussolini si dichiarò non belligerante, ma nel giugno 1940, contro la volontà di gran parte della corte, degli alti gradi della Regia Marina e dell'Esercito e di alcuni dei maggiori gerarchi fascisti, entrò in guerra contro Francia ed Inghilterra, fidando nella rapida vittoria tedesca. L'impreparazione dell'esercito e l'incapacità dei suoi comandanti condussero a terribili sconfitte su tutti i fronti (Grecia 1940) e alla rapida perdita delle colonie dell'Africa Orientale (1941) e della Libia (1943), creando un indebolimento delle difese che aprì le porte all'invasione della Sicilia.
[modifica] La caduta
Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse tra il giubilo della popolazione italiana, stanca del regime e della guerra, cui sperava potesse essere posta fine in breve tempo.
Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile.
[modifica] La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
Per approfondire, vedi la voce Repubblica Sociale Italiana.
[modifica] La nascita della Repubblica sociale
Il 12 settembre, Hitler inviò una squadra di paracadutisti sul Gran Sasso, con il colonnello Otto Skorzeny come osservatore, per liberare Mussolini dalla prigionia e condurlo in Germania. Dopo aver incontrato Hitler, Mussolini fu trasferito in un castello della Baviera, sorvegliato da un plotone di SS e da dodici ispettori in borghese della Gestapo; un telefono militare permetteva di comunicare solo con il quartier generale di Hitler e con Roma.
Con un discorso alla radio, il 18 settembre Mussolini annunciò la nascita di un nuovo governo fascista; nei giorni successivi procedette alla designazione dei ministri, che si riunirono per la prima volta il 27 settembre, a Rocca delle Caminate (nei pressi di Predappio, in Romagna), in presenza di un funzionario nazista. Dopo due mesi il nuovo governo definì la sua denominazione, Repubblica Sociale Italiana (RSI).
Qualche tempo dopo alcuni dei firmatari dell'ordine del giorno che fece cadere il fascismo il 25 luglio, furono processati e riconosciuti colpevoli di alto tradimento. Galeazzo Ciano (il marito della figlia di Mussolini, Edda), Emilio De Bono, anziano quadrunviro della "marcia su Roma", Luciano Gottardi e Carlo Pareschi, furono fucilati alla schiena nella fortezza di San Procolo appena fuori Verona.
Per approfondire, vedi la voce Processo di Verona.
Bandiera di combattimento delle Forze Armate della RSILa nuova entità politica fu ribattezzata nel linguaggio popolare "Repubblica di Salò", ma in realtà non ebbe una vera e propria capitale, perché i tedeschi stabilirono la sede dei diversi ministeri a Salò, ma anche in altre località turistiche sul lago di Garda (Gardone Riviera, Maderno) e in alcune città della Lombardia e del Veneto (Cremona, Brescia, Treviso, Venezia e Padova). [11]
A Mussolini e alla sua famiglia fu assegnata una villa a Gargnano sul Garda, non lontano dal Vittoriale, la sontuosa residenza che era appartenuta a D'Annunzio, e nella quale andò a stabilirsi Claretta Petacci, l'amante di Mussolini.
[modifica] Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
Mussolini e i fascisti che lo seguirono nell'impresa di Salò (ribattezzati "repubblichini" dai loro avversari) tentarono di far rinascere il regime su nuove basi.
Il programma in 18 punti della R.S.I., discusso al congresso di Verona del novembre 1943, ripropose un regime a partito unico (art. 5), razzista e antisemita (art. 7, «Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica»). La novità stava nel carattere repubblicano del nuovo stato fascista (art. 1), negli ampi spazi previsti per le consultazioni popolari (art. 2-4) e in un programma sociale che conteneva alcuni elementi di anticapitalismo (art. 9 e sgg.), tanto che si è parlato di un ritorno al fascismo delle origini (quello del programma di Piazza san Sepolcro).
In realtà molte delle nuove parole d'ordine erano destinate a rimanere pura esercitazione verbale, anche perché la Repubblica sociale non fu un vero e proprio stato indipendente, ma un governo collaborazionista, in tutto simile a quelli sorti in altre parti d'Europa dopo le invasioni tedesche. Hitler non esitò a mutilare il territorio nazionale italiano, annettendo alla Germania alcune aree ex asburgiche (province di Trento, Bolzano, Belluno, Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume) e, nei territori che avrebbero dovuto essere di giurisdizione della Repubblica sociale, sia l'amministrazione civile sia le operazioni belliche restarono sotto il controllo ferreo dell'autorità militare tedesca.
[modifica] Il contributo militare alla guerra nazista
La Repubblica di Salò non ebbe una forza armata unitaria, in parte per volontà dei tedeschi (il generale Keitel aveva dichiarato che "il solo esercito che non ci tradirà è un esercito che non esiste"), in parte a causa delle divisioni esistenti tra i capi dei vari corpi armati, in competizione tra loro per accaparrarsi privilegi e fette sempre più ampie di potere.
I "ras" della Repubblica erano il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, che controllava le forze di polizia; Renato Ricci, capo della Milizia fascista, divenuta Guardia nazionale repubblicana; il segretario del partito Alessandro Pavolini, che nell'estate del '44 fondò una nuova milizia di partito, le Brigate Nere; il generale Rodolfo Graziani, Ministro della guerra e capo dell'esercito della Repubblica sociale.
Ma all'interno dell'esercito alcuni reparti agivano in modo sostanzialmente autonomo; in particolare, fu espressamente indipendente dai comandi di Graziani l'ex reparto speciale della Marina regia denominato Decima Mas, che, ai comandi del principe Junio Valerio Borghese, dopo l'8 settembre aveva intessuto relazioni dirette con i tedeschi, sottraendosi all'autorità del governo della Repubblica di Salò.
Per approfondire, vedi la voce Decima Mas di Borghese.
A queste sparse formazioni armate vanno infine aggiunte le SS italiane, formalmente inquadrate nelle forze militari tedesche.
I corpi armati della Repubblica di Salò non furono utilizzati al fronte, nella guerra contro gli Alleati, con l'unica eccezione della X MAS di Borghese e di alcuni gruppi di combattimento della GNR. Il loro compito principale fu quello di compiere rastrellamenti nelle zone "infestate" dai partigiani, sempre sotto la direzione dei comandi militari tedeschi. La lotta contro la resistenza partigiana fu attuata anche da una serie di bande di squadristi, che operavano in alcune città italiane con il supporto dei tedeschi e del Ministero degli interni della Repubblica sociale. Le più famigerate di queste formazioni furono la Legione autonoma Muti di Franco Colombo (a Milano), la "Silvio Parodi" (a Genova) la banda Carità (prima a Firenze, poi a Padova) e la banda Koch (prima a Roma, poi a Firenze, infine a Milano).
Queste formazioni erano composte da individui feroci e senza scrupoli, che approfittavano della guerra per compiere vendette personali, arricchirsi personalmente con furti e rapine, e sfogare i propri istinti sadici sulle donne e gli uomini finiti nelle loro mani. In ognuna delle città in cui queste bande spadroneggiarono (con il sostegno del Ministero degli Interni della R.S.I., Buffarini Guidi) comparvero le famigerate "ville tristi", luoghi di ritrovo per gli squadristi, ma anche centri di detenzione e tortura per i sospetti partigiani; a Roma era tristemente celebre anche la prigione nazista di via Tasso, dove le "indagini" venivano svolte dalle SS. [12]".
[modifica] Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
Dopo l'8 settembre i nazisti avviarono in Italia l'opera di rastrellamento e deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, uno dei quali si trovava vicino Trieste, nella Risiera di San Sabba. A Roma la deportazione cominciò il 16 ottobre, quando le SS rastrellarono più di mille ebrei (dopo che il comandante Kappler aveva estorto dalla comunità ebraica romana un cospicuo riscatto in oro, con la fraudolenta promessa di sottrarla alla deportazione).
I fascisti della Repubblica sociale collaborarono attivamente alla deportazione in tre modi:
il 30 novembre 1943 decretarono l'arresto degli ebrei di tutte le nazionalità, il loro internamento in campi di prigionia e il sequestro (poi tramutato in confisca) di tutti i loro beni (Ordine di polizia n. 5 del Ministero dell'Interno della Repubblica sociale italiana);
istituirono una rete di campi di internamento per gli ebrei arrestati, il più importante dei quali fu il campo nazionale di Fossoli di Carpi in provincia di Modena, allestito nel dicembre 1943 e trasferito a Bolzano nell'agosto 1944;
a partire dal 5 febbraio 1944 i fascisti italiani consegnarono ai tedeschi gli ebrei arrestati e confinati a Fossoli. I convogli partiti da Fossoli finirono a Bergen Belsen e Auschwitz, dove gli scampati furono solo poche centinaia.
[modifica] La fine della RSI
L'ultimo tentativo prima della capitolazione fu il progetto irrealistico, sostenuto con veemenza dal comandante delle Brigate Nere Alessandro Pavolini, del cosidetto Ridotto Alpino Repubblicano. Si trattava di convogliare in Valtellina, le ultime forze fasciste per una sacca di resistenza ad oltranza, nella speranza di arrivare ad una pace separata, ad un armistizio con gli Alleati. Gli eventi portarono invece il 28 aprile 1945 alla liberazione del nord Italia, alla fucilazione di Mussolini, della compagna Claretta Petacci e di numerosi altri gerarchi e l'esposizione dei loro cadaveri a piazzale Loreto a Milano, ove rimasero esposti al ludibrio della folla per alcune ore nella mattinata del 29 aprile, nello stesso luogo nel quale il 10 agosto 1944 era stata consumata dai nazifascisti la strage di Piazzale Loreto, lasciando esposti i cadaveri di 15 antifascisti fucilati per l'intera giornata. Tali eventi segnarono la fine della guerra e del regime fascista in Italia.
[modifica] Il "neofascismo"
Per approfondire, vedi la voce Neofascismo.
Nonostante il divieto di ricostituzione del disciolto partito nazionale fascista, stabilito dalla Costituzione Repubblicana, movimenti fascisti sopravvissero anche dopo la guerra.
In particolare il Movimento Sociale Italiano di Arturo Michelini, talvolta alleato dei vari movimenti monarchici, con i quali si unì nel 1972 creando il MSI-DN, fu accusato di costituire un tentativo di "ricostituzione del disciolto PNF". Molti ex-ministri fascisti e notabili del partito confluirono anche nella neonata Democrazia Cristiana, che vinse le elezioni del 1948 con una maggioranza schiacciante e governò l'Italia per decenni.
Il MSI ridusse nel 1994 i legami col movimento mussoliniano e si trasformò in Alleanza Nazionale durante un congresso a Fiuggi. Un gruppo di irriducibili nostalgici, legati all'ex-segretario e combattente della Rsi Pino Rauti, si staccò allora da AN (proprio in occasione del Congresso di Fiuggi) e fondarono il partito della Fiamma Tricolore. Di recente, dopo alcune vicende personali, Rauti ha lasciato anche questo movimento per fondarne uno nuovo (Mis, Movimento idea sociale).
Contemporaneamente Alessandra Mussolini, nipote del dittatore, lasciava AN in aperta polemica col suo presidente Gianfranco Fini, il quale aveva preso le distanze dalle posizioni legate al fascismo e alla figura di Mussolini [13]. La Mussolini fondò così un proprio partito (AS, Azione Sociale) che promosse l'alleanza denominata Alternativa Sociale che univa AS ad altri due movimenti neofascisti e nazionalisti: Forza Nuova, guidato da Roberto Fiore, e Fronte Sociale Nazionale, fondato da Adriano Tilgher.
[modifica] Il Fascismo nel mondo
Opinione minoritaria di alcuni storici è che la prima vera forma di fascismo, precedente a quello italiano e tedesco, risalga ai cosiddetti Cento Neri, squadre paramilitari di destra attive ai primi del Novecento in Russia. [citazione necessaria]
Di fronte al crescente movimento operaio rivoluzionario, il manifesto zarista dell'ottobre 1905 prometteva nuove istituzioni democratiche.
A due settimane dal manifesto, ci furono 690 pogrom. Il regime dello zar Nicola II organizzò i pogrom, finanziò il volantinaggio di propaganda e i pogrom dei "Cento Neri" che, senza le reazioni della polizia, deportarono circa 3.000 Ebrei.[citazione necessaria]
Gli storici sopra citati osservano come alcuni caratteri sono comuni a quelli dei movimenti di Mussolini e di Hitler: il militarismo, i metodi violenti, l'avversione per la democrazia, l'anti-semitismo e come invece all'esperienza dei Cento Neri sia mancata quella carica rivoluzionaria e messianica comune alle due dittature, il culto del capo e soprattutto quella connotazione come movimento di massa che rappresenta una caratteristica essenziale del fascismo.
[modifica] Il punto di vista anglo-americano
Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism, che tuttavia non designa specificamente il regime fascista del Ventennio né il movimento che lo portò a compimento bensì è usato genericamente ad indicare regimi di tipo militarista, conservatore, reazionario. L'intellettuale Noam Chomsky ad esempio parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi quali quello di Pinochet od altri dittatori del sudamerica.
[modifica] Le derivazioni del caso italiano
Quando in Italia iniziò il potere del partito fascista il resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) non guardava con sfavore il regime di Mussolini, vedendo in lui un forte antagonista al bolscevismo sovietico e un argine contro l'eversione. Perciò non mancarono in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti.
Il più famoso era il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler, che seppur avendo molte ideologie in comune con il fascismo, soprattutto il nazionalismo ed il socialismo nazionale, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile"[citazione necessaria]. Successivamente, nonostante le iniziali divergenze il Duce - in parte per le ideologie comuni e in parte per motivi strategici - portò l'Italia nel novero degli alleati della Germania nazionalsocialista.
Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere.
Austria In Austria ci fu il "Fronte Patriottico", fondato da Engelbert Dollfuss, che salì al potere nel 1932; nel 1933 sciolse gli altri partiti e ne fece arrestare i deputati instaurando un breve regime conservatore e autoritario.
Il regime austriaco, apertamente nazionalista e filofascista, stipulò con l'Italia un patto di alleanza. Tuttavia fu contrario all'Anschluss e decisamente antinazista. Nel 1934 Engelbert Dollfuss fu ucciso durante un tentativo di colpo di stato da parte di nazisti austriaci. La politica di Dollfuss fu portata avanti ancora dal suo collaboratore Kurt von Schuschnigg fino all'annessione (1938) dell'Austria al Terzo Reich. Questo forma di fascismo è stata definita Austrofascismo.
Bulgaria In Bulgaria, dove il re Boris III nel 1934 stabilì un regime autoritario apartitico volto ad evitare il coinvolgimento delle masse nella politica, l'attivismo fascista rimase fenomeno di minor rilievo.
Grecia In Grecia salì al potere il generale Joannis Metaxas che, abolite le libertà politiche e diversi articoli della Costituzione, sospese il Parlamento a tempo indeterminato ed instaurò un regime dittatoriale largamente modellato sul fascismo italiano, caratterizzato dalla profonda avversione al comunismo, dalla forte censura, dal militarismo, dal culto della personalità e dal forte nazionalismo. Consapevole del pericolo portato all'indipendenza greca dalla strategia mussoliniana che mirava a fare del Mediterraneo un "lago italiano", tuttavia, Metaxas rimase discosto dall'Asse in politica estera, restando piuttosto prossimo alla Gran Bretagna (vista come unica Potenza in grado di contrastare i disegni egemonici italiani nell'area) e mantenendo la neutralità allo scoppio delle seconda guerra mondiale.
Romania In Romania, per difendere il paese dal comunismo, fu fondata una milizia nota come le "Guardie di ferro", di cui era comandante Corneliu Zelea Codreanu, che aiutò il re Carol ad instaurare una dittatura. Nel 1940 il paese passò sotto il controllo di Ion Antonescu il quale, sostituito Carol col figlio Michele, si dichiarò Conducator, cioè "duce", ed entrò nell'Asse.
Ungheria In Ungheria, l'ammiraglio Horthy guidò la controrivoluzione (il partito comunista aveva preso il potere nel marzo del 1919) schierandosi con le Potenze dell'Asse. Nel 1944 fu estromesso dalla rivoluzione delle Croci frecciate, partito nazionalsocialista e apertamente filonazista.
Spagna In Spagna dopo la lunga guerra civile (1936-1939), Francisco Franco e il partito Falange spagnola, apertamente fascista, fondarono un regime cattolico e tradizionalista durato sino al 1975.
Quando era ancora in vita, il Caudillo nominò Juan Carlos I di Borbone suo legittimo erede alla guida della Spagna, e questi condusse il suo paese verso un ritorno alla democrazia in maniera graduale e pressoché indolore.
Portogallo In Portogallo, a partire dal 1932, sulla scia della dittatura militare instaurata pochi anni prima dal generale Carmona, il primo ministro António de Oliveira Salazar in breve tempo creò un regime che, ispirato ai principi del fascismo di matrice italiana, attraversò indenne la Seconda guerra mondiale.
La dittatura cessò nel 1974, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei Garofani".
Altri paesi Anche in altri paesi erano presenti dei movimenti fascisti: in Gran Bretagna le Camicie Nere di Oswald Mosley, in Francia le Croci di Fuoco, in Belgio il Rexismo.
[modifica] Il Fascismo come idealismo
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Secondo la teoria dell'intellettuale Julius Evola, il Fascismo è una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, dal Sacro Romano Impero all'Islam.
[modifica] I modi del Fascismo
[modifica] Italianizzazione dei nomi
Per approfondire, vedi la voce Italianizzazione (fascismo).
Tra i metodi utilizzati dal Fascismo per instaurare una cultura depurata da influenze considerate straniere vi era quello dell'Italianizzazione di nomi e cognomi derivanti da altre lingue, dei toponimi (specialmente i comuni delle regioni di frontiera) e vari nomi comuni.
[modifica] Le interpretazioni del Fascismo
Per approfondire, vedi le voci Le interpretazioni del fascismo e Fascismo. Storia e interpretazione.
All'interno della vasta critica storica sul Fascismo, è possibile individuare varie interpretazioni, tra cui:
quella di Mussolini, che nell'Enciclopedia Italiana alla voce relativa scrisse "il Fascismo fu ed è azione"
quella liberale di Benedetto Croce, che considera il Fascismo come una "parentesi" della storia italiana, una "malattia morale" a seguito della Grande Guerra;
quella democratico-radicale, che considera il Fascismo come un prodotto logico, inevitabile, degli antichi mali del nostro paese;
quella di tradizione marxista, che considera il Fascismo come un prodotto della società capitalista e della reazione della grande borghesia contro il proletariato;
quella revisionista di Renzo De Felice, che intende rivedere il giudizio storico tradizionale sul Fascismo, sottolineandone il consenso raggiunto nella società italiana e le radici profonde nella situazione del primo dopoguerra.
[modifica] Gli slogan fascisti
Per approfondire, vedi la voce Slogan fascisti.
Credere, obbedire e combattere
Dux mea lux
Dux nobis
Fedeltà è più forte del fuoco
Se il Mediterraneo per gli altri è una strada, per noi è la vita
[modifica] Curiosità
Corrado Guzzanti, per la prima volta nella trasmissione Il caso Scafroglia del 2002, presenta il personaggio Gaetano Maria Barbagli, immaginario gerarca fascista inviato a conquistare il pianeta Marte assieme alla squadra di camicie nere ai suoi ordini. La storia, narrata nello stile dei cinegiornali dell'Istituto Luce del ventennio fascista, sarà successivamente ripresa ed ampliata nel film Fascisti su Marte, proiettato nel 2006 e realizzato dallo stesso Guzzanti dopo anni di lavoro e ricerche.
[modifica] Note
^ Nota: per le fonti complessive della voce fai riferimento alla sottostante bibliografia.
^ Nell'appunto relativo al 4 settembre 1938 dei suoi Diari, l'allora Ministro degli Esteri e genero del duce scrisse: «Il Duce è molto montato contro gli ebrei. Mi fa cenno ai provvedimenti che intende far adottare dal prossimo Gran Consiglio e che costituiranno, nel loro complesso, la Carta della Razza. In realtà è già redatta di pugno dal Duce. Il Gran Consiglio non farà che sanzionarla con la sua deliberazione.» Tratto da Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943 - a cura di Renzo De Felice Edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006, ISBN 88-17-11534-7 pag. 173.
^ r.d.l. 1381, 1390, 1539, 1630, 1728, 1779 e 2111 del 1938 e 126 del 1939, nonchè leggi 1024, 1054, 1055 e 1056 del 1939 ed altre successivamente
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ "Giliberto Capano e Elisabetta Gualmini - La pubblica amministrazione in Italia - Bologna, il Mulino 2006", pag. 121
^ INPS La nostra storia
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ Il testo dei telegrammi è citato in: Angelo del Boca. I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia. Roma: Editori Riuniti, 1996, pp. 148-182. Una selezione più estesa dei telegrammi è disponibile in: I telegrammi di Mussolini dal sito web «Crimini di guerra». Riportato il 31 gennaio 2007.
^ Mussolini e i generali italiani cercarono di avvolgere nella massima segretezza le operazioni della guerra chimica, ma i crimini dell'esercito fascista furono rivelati al mondo dalle denunce della Croce Rossa internazionale e di alcuni osservatori stranieri. La reazione italiana fu – per ben 19 volte - il bombardamento "per errore" delle tende della Croce Rossa poste nelle vicinanze di accampamenti militari etiopici. La prima di queste incursioni – autorizzate da Mussolini in persona - avvenne nel dicembre 1935 e colpì una struttura gestita dagli Svedesi, dove si contarono 29 morti e 50 feriti.
^ Nel corso di una cerimonia ufficiale esplose una bomba. La rappresaglia fu immediata e crudele. I circa trecento Etiopi presenti alla cerimonia furono trucidati e, subito dopo, le camicie nere della Milizia fascista si riversarono nelle strade di Addis Abeba dove seviziarono e uccisero tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che incontrarono nel loro cammino; incendiarono case, impedendo agli abitanti di uscirne; organizzarono esecuzioni in massa di gruppi di 50-100 persone.
I dati riportati sono ricavati da un documentario storico prodotto dalla BBC nel 1989 (Fascist legacy) e dalle seguenti opere: Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. IX, Milano 1981, Angelo Del Boca, Giorgio Rohat e altri, I gas di Mussolini, Roma 1996.
^ L'equivoco su Salò nacque perché in quella località risiedeva il Ministero della cultura popolare, per cui i comunicati della radio fascista contenevano spesso la formula "Da Salò vi parla…"
^ A una di queste formazioni – la banda Koch – si unirono anche due celebri attori dell'epoca (Osvaldo Valenti e Luisa Ferida)
^ sino a poco tempo prima da lui stesso definito come "Il più grande statista del XX secolo": [1]
[modifica] Bibliografia
Edoardo Savino, La nazione operante, Milano 1928
R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1977
P. Scoppola, La chiesa e il fascismo, Bari 1976
A. Del Boca, Le guerre coloniali del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1991
G. Petrillo, Fascismo, Milano 1994
L. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1977
P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1971
P. Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna 1985
Angelo Tasca, La nascita del fascismo, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2006
Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, 2002
Giardina-Sabbatucci-Vidotto, Profili storici: dal 1900 ad oggi, Laterza, 2000
Andrea Jelardi, Goffredo Coppola un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo, Mursia, Milano 2005.
Andrea Jelardi, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo, con 100 biografie di personaggi del ventennio, Realtà Sannita, Benevento 2007.
[modifica] Voci correlate
Benito Mussolini
Storia dell'Italia fascista
Neofascismo
Post-fascismo
Italianizzazione (fascismo)
Apologia del fascismo
Gran Consiglio del Fascismo
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Repubblica Sociale Italiana
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Partito Nazionale Fascista
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Biografia, discorsi, documenti su Benito Mussolini. Materiale in diverse lingue
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Storia del fascismo 2
Metaxas e il fascismo greco
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fascismo fu un movimento politico di estrema destra del XX secolo che sorse in Italia alla fine della prima guerra mondiale.[1].
Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso, in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale.
Il nome deriva dalla parola fascio (in lingua latina: fascis) e fa riferimento ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo di unione. L'ascia presente nel fascio simboleggiava il loro potere, in particolare quello giurisdizionale.
Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini:
« Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non è antitetico ed è piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che è ipoteca arbitraria sul misterioso futuro. »
(Benito Mussolini, 19 agosto 1921 - Diario della Volontà)
Indice
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Indice
1 La fondazione e la crescita
2 Radici ed obiettivi
3 Storia del Fascismo
3.1 Precursori e premesse
3.2 Il fascismo al potere
3.2.1 L'Era fascista
3.3 La dittatura
3.4 Consenso e propaganda
3.5 Politica economica
3.5.1 La battaglia del grano
3.5.2 L'autarchia
3.5.2.1 Le bonifiche
3.6 La riforma Gentile
3.7 La politica estera
3.8 L'Etiopia
3.9 Verso la guerra
3.10 La caduta
4 La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
4.1 La nascita della Repubblica sociale
4.2 Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
4.3 Il contributo militare alla guerra nazista
4.4 Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
5 La fine della RSI
6 Il "neofascismo"
7 Il Fascismo nel mondo
7.1 Il punto di vista anglo-americano
7.2 Le derivazioni del caso italiano
8 Il Fascismo come idealismo
9 I modi del Fascismo
9.1 Italianizzazione dei nomi
10 Le interpretazioni del Fascismo
11 Gli slogan fascisti
12 Curiosità
13 Note
14 Bibliografia
15 Voci correlate
16 Altri progetti
17 Collegamenti esterni
[modifica] La fondazione e la crescita
Un littore romano, aveva il compito di proteggere i magistrati.Mussolini, già espulso per interventismo nella prima guerra mondiale dal Partito Socialista Italiano, il 23 marzo 1919 diede vita a Milano ad un piccolo gruppo denominato Fasci italiani di combattimento.
Era stato fino ad allora un esponente del sindacalismo rivoluzionario e poi del socialismo italiano, come del resto il padre, che pare avesse combattuto con Pancho Villa in Messico[citazione necessaria], da cui il nome Benito (in onore del rivoluzionario messicano Benito Juárez). In quest'ottica si schierò decisamente contro l'intervento italiano in Libia del 1911.
Storicamente fu Dino Grandi a concepire l'idea e la definizione del fascio come simbolo del movimento[citazione necessaria]. Il fascismo fu il primo dei grandi movimenti nazionalisti diffusisi rapidamente in Europa negli anni venti e trenta del XX secolo, accomunati da una matrice comune di conservatorismo, nazionalismo, autoritarismo e culto della personalità del dittatore: il nazismo in Germania, le guardie di ferro in Romania, il franchismo in Spagna. Anche movimenti che non si ispiravano inizialmente al fascismo, come lo stalinismo o il maoismo ne assorbirono gli impianti organizzativi.
Dal 1938 in poi, con la promulgazione di un insieme di provvedimenti legislativi e normativi noto come Leggi razziali fasciste, secondo autorevoli testimoni quali Galeazzo Ciano redatte in gran parte da Mussolini in persona[2], il fascismo si dichiarò esplicitamente anche antisemita [3] e, anche se non fu realizzato alcun intento di sterminio fino al 1943 (quando l'Italia venne occupata dall'esercito nazista), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, spesso privati del lavoro ed esposti a varie forme di vessazione.
[modifica] Radici ed obiettivi
Benito Mussolini durante un discorsoIl fascismo tendeva ad imporre l'assoluta preminenza del partito fascista, in ogni aspetto della vita politica e sociale.
Pur combattendo il comunismo e il socialismo come nemici della patria e della società (col diretto appoggio, in questo, della grande industria e dei capitalisti privati) Mussolini mutuò dalla dottrina socialista alcune idee, creando uno stato maggiormente centralizzato, seppure strutturando l'economia in un modello corporativista. In particolare, Mussolini affermava, a chi glielo domandasse, di avere come modelli ideologici due insurrezionalisti: il pre-marxista Auguste Blanqui e il sindacalista rivoluzionario Georges Eugène Sorel [citazione necessaria].
Le radici del fascismo, come degli altri regimi totalitari europei "cugini" del periodo, vanno individuate nella profonda crisi della società italiana del primo dopoguerra e nelle deboli radici della sua democrazia liberale.
L'ideologia del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte.
Il fascismo visse soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta e ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto.
« Il mussolinismo è (...) un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza. »
(Piero Gobetti, "La rivoluzione liberale")
Il fascismo si riallaccia a correnti di pensiero ultraconservatrici, che risalgono al XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il preteso materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, secondo molti storicamente inesatta, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune.
Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa che avvilisce l'uomo (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (Alfred Rosenberg, con il suo Il mito del XX secolo, o Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente). L'ideologia fascista fu tuttavia sempre piuttosto contraddittoria e al fianco di queste posizioni reazionarie conviveva, non sempre armoniosamente, un culto della modernità e della tecnica di ispirazione futurista.
[modifica] Storia del Fascismo
Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Italia fascista.
[modifica] Precursori e premesse
In Italia il fascismo trovò i suoi precursori negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo (il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini), e nel decadentismo di Gabriele D'Annunzio e in numerosi altri pensatori ed azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle fila fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno , conseguenza della Prima guerra mondiale, dell' arditismo.
Fu l'indiscutibile abilità di politico di Benito Mussolini, ex dirigente del Partito Socialista Italiano, convertito alla causa del nazionalismo e della Grande Guerra, a fondere la confusa congerie di idee, aspirazioni, frustrazioni degli ex combattenti reduci dalla dura esperienza della guerra di trincea, in un movimento politico che all'inizio ebbe una chiara ispirazione socialista e rivoluzionaria (vedi il programma dei fasci di combattimento del marzo 1919) e che si contraddistinse fin da subito per la violenza dei metodi impiegati contro gli oppositori.
La crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione e l'inflazione crescenti, la smobilitazione dell'esercito (che restituì alla vita civile migliaia di persone), i conflitti sociali e gli scioperi nelle fabbriche del nord, l'avanzata del partito socialista divenuto il primo partito alle elezioni del 1919, crearono, negli anni 1919-1922, le condizioni per un grave indebolimento delle strutture statali e per un crescente timore da parte dei ceti agrari e industriali di una rivoluzione comunista in Italia sul modello di quella in corso in Russia.
In questa situazione fluida, Mussolini colse l'occasione e, abbandonando rapidamente il programma socialista e repubblicano, si pose al servizio della causa antisocialista; le milizie fasciste, appoggiate dai ceti possidenti e da buona parte dell'apparato statale che vedeva in lui il restauratore dell'ordine, lanciarono una violenta offensiva contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista (ma anche cattolici), in particolar modo nel centro-nord d'Italia (soprattutto Emilia Romagna e Toscana), causando numerose vittime nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine.
Le violenze furono nella gran parte dei casi provocate dagli squadristi fascisti, che sempre più apertamente furono appoggiati da Dino Grandi, l'unico reale competitore di Mussolini per la leadership all'interno del partito, che nel congresso di Roma del 1921 si fece da parte e diede via libera al futuro Duce.
La violenza crebbe considerevolmente negli anni 1920-22 fino alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922).
Per approfondire, vedi la voce Marcia su Roma.
[modifica] Il fascismo al potere
1920: A Trieste i fascisti incendiarono la Narodni Dom (Casa del popolo), centro culturale degli SloveniDi fronte all'avanzata di milizie fasciste mal armate e guidate su Roma, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, preferendo evitare ogni spargimento di sangue e ignorando i suggerimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Luigi Facta che gli chiedeva di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio, decise di affidare l'incarico di Presidente del Consiglio a Mussolini, che in quel momento aveva in Parlamento non più di 22 deputati.
Vittorio Emanuele mantenne sempre il controllo dell'esercito: se avesse voluto, avrebbe potuto senza problemi bandire da Roma Mussolini e le forze fasciste, inferiori in tutto alle guarnigioni di stanza nella capitale; in virtù di ciò la marcia su Roma, a rigor di termini, non può essere considerata un colpo di stato, in quanto Mussolini ottenne, di fatto, l'incarico di formare un nuovo esecutivo legalmente, godendo dell'appoggio (quantunque oggetto di molte e profonde critiche) del sovrano.
Per approfondire, vedi la voce Governo Mussolini.
Da primo ministro, i primi anni di Mussolini (1922-1925) furono caratterizzati da un governo di coalizione, composto da nazionalisti, liberali e popolari, che non assunse fino al delitto Matteotti veri e propri connotati dittatoriali. In politica interna Mussolini favorì la completa restaurazione dell'autorità statale e la soppressione dell'estrema sinistra, con l'inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e la progressiva identificazione del Partito in Stato.
In politica economica e sociale vennero emanati provvedimenti che favorivano i ceti industriali e agrari (privatizzazioni, liberalizzazione degli affitti, smantellamento dei sindacati).
Nel luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale maggioritaria, che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi, regola puntualmente applicata nelle elezioni del 6 aprile 1924, nelle quali il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche dai brogli, dalle violenze e dalle intimidazioni contro gli oppositori.
L'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l'annullamento delle elezioni per le irregolarità commesse, provocò una momentanea crisi del governo Mussolini.
Per approfondire, vedi la voce Delitto Matteotti.
Il leader socialista Matteotti fu ucciso perché denunciò alla Camera dei deputati nel 1924 i brogli e le violenze commesse dai fascisti durante la campagna elettorale. Il suo assassinio ebbe un'eco vastissima nell'opinione pubblica in cui si diffuse la convinzione che a ordinarlo fossero stati i vertici del governo.
L'episodio dimostrava che la "normalizzazione" dello squadrismo annunciata da Mussolini non era riuscita e che un'opposizione legale non era gradita. I partiti d'opposizione reagirono abbandonando il Parlamento: fu la "secessione dell'Aventino", così chiamata in analogia con la decisione della plebe dell'antica Roma di ritirarsi sul colle dell'Aventino per protesta contro i soprusi dei patrizi. Contrario a tale scelta fu solamente il Partito Comunista che rimase isolato nel proporre uno sciopero generale.
Gli aventiniani miravano a incrinare l'intesa tra fascisti e la loro coalizione provocando un intervento del re, ma le loro aspettative furono deluse poiché Vittorio Emanuele III si astenne da ogni iniziativa.
La debole risposta delle opposizioni, incapaci di trasformare il loro gesto in un'azione antifascista di massa, non fu sufficiente ad allontanare le classi dirigenti e la Monarchia da Mussolini che, il 3 gennaio 1925, ruppe gli indugi e, con un noto discorso nel quale assumeva su di sé l'intera responsabilità del delitto Matteotti e delle altre violenze squadriste, di fatto proclamò la dittatura, sopprimendo ogni residua libertà e completando l'identificazione assoluta del Partito Nazionale Fascista con lo Stato.
[modifica] L'Era fascista
La pervasività della dittatura giunse al punto di istituire la cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923.
Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista.
L'Era fascista iniziò il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista).
L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945.
[modifica] La dittatura
Per l'effettiva realizzazione di uno stato dittatoriale - ossia per vedere formalmente inserite all'interno dello Stato italiano organizzazioni e istituzioni derivate dal Partito Fascista - occorrerà attendere la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta il 9 dicembre 1928. Pur potendo essere definito un regime dittatoriale, il regime conservò in vigore lo Statuto del Regno (Statuto Albertino) piegandolo però alle proprie esigenze.
Dal 1925 fino alla metà degli anni trenta il fascismo conobbe solo un'opposizione sotterranea e di carattere cospirativo, guidata in buona parte da comunisti come Antonio Gramsci, socialisti come Pietro Nenni, demo-liberali come Giovanni Amendola, liberali come Piero Gobetti, molti dei quali pagarono con la vita, l'esilio, pene detentive o il confino il loro rifiuto.
[modifica] Consenso e propaganda
La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti ma anche quel mondo agricolo vicino al Partito Popolare, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e il socialismo e soprattutto contro il disordine economico successivo alla guerra '15-18: da parte sua, il fascismo italiano non esercitò mai una grande opera di indottrinamento della popolazione come quella intrapresa dal nazismo in Germania, ma piuttosto, come il franchismo spagnolo, si limitò nella maggior parte dei casi ad esigere solo una partecipazione di facciata.
Impero italiano nel 1940Tale situazione venne favorita dal riavvicinamento con la Chiesa Cattolica, che culminò nel Concordato dell'11 febbraio 1929, con cui si chiudeva l'annosa questione dei rapporti tra Stato e Chiesa aperta nel 1870 dalla Breccia di Porta Pia e che restituiva al cattolicesimo il ruolo di religione di Stato. Con i patti lateranensi firmati il 29 febbraio 1929 ci fu un accordo tra stato italiano e chiesa: la Santa Sede riconobbe lo stato italiano, che a sua volta riconosceva la sovranità della chiesa sullo stato della città del Vaticano, che ricevette anche delle indennità per la perdita dello stato della Chiesa. Con questi patti ci fu un riavvicinamento alla politica della popolazione italiana (in Italia la popolazione era per il 99 per cento cattolica).
Per approfondire, vedi la voce Patti Lateranensi.
Benito Mussolini e Adolf Hitler in JugoslaviaInoltre è proprio a questo periodo che risalgono i notevoli risultati del regime nel campo dei lavori pubblici e delle politiche sociali, che giovarono al regime stesso altissimi consensi: sono gli anni, infatti, della bonifica delle paludi pontine, della battaglia del grano e dell'appoderamento delle vaste aree del latifondo paludoso-malarico a favore delle famiglie degli strati più indigenti tra gli ex combattenti del primo conflitto mondiale, o con iniziative come le colonie estive per combattere il gozzo (allora malattia endemica), gli anni che danno inizio alla politica delle bonifiche e delle fondazioni delle "città nuove", opera del Razionalismo italiano, rurali o coloniali come Latina (allora Littoria), Sabaudia o Portolago, che, oltre al consenso popolare, donarono un'ampia visibilità internazionale al regime.
[modifica] Politica economica
Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati)[4]. Si limito' la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925. [citazione necessaria] Nel settore previdenziale, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (CNAS), istituita nel 1919, venne trasformata nel 1933 nell' ente di diritto Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS, attuale INPS) e arrivò ad impiegare 6.000 dipendenti nel 1937." [5] e vennero disciplinati istituti di diritto del lavoro quali malattia, maternità ed infortuni. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione[6] .
[modifica] La battaglia del grano
Per raggiungere l'autosufficienza alimentare venne iniziata la battaglia del grano, che prevedeva l'aumento della superficie coltivata e l'utilizzo di tecniche più avanzate. La "battaglia" portò ad un aumento del 50 per cento della produzione cerealicola e le importazioni si ridussero di un terzo. Ciò comportò però una riduzione della produzione di colture ortofrutticole.
[modifica] L'autarchia
La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi.
Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della Guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia.
Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital.
[modifica] Le bonifiche
In soli tre anni vennero concluse le bonificazioni dell'Agro Pontino, che videro al lavoro migliaia di uomini, soprattutto poveri contadini del centro-nord[7]. Vennero costruite nella nuova fertile pianura 3000 fattorie, da destinarsi, in buona parte, ai contadini che lavorarono alla bonifica. Altre imponenti bonifiche si ebbero nella valle del Po e sulla murgia barese.
[modifica] La riforma Gentile
Vi fu una riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile dal 1923: questa prevedeva un' istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile.
Nel 1939 segui la riforma Bottai, però, ebbe meno fortuna in quanto a notorietà di quella dell'illustre precedente, anche perché si distaccò poco dalla precedente se non nel senso di una maggiore funzionalità al regime.
[modifica] La politica estera
In politica estera Mussolini, dopo l'incidente di Corfù del 1923, per un lungo periodo non si discostò dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa con una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista.
L'Italia mantenne ottime relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919), tentando altresì di estendere la sua influenza verso i Paesi sorti dallo sfacelo dell'Impero austro-ungarico (Austria e Ungheria) e nei Balcani (Albania, Grecia) in funzione anti-jugoslava.
L'Italia fu inoltre uno dei primi paesi europei a stabilire nel 1929 relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica.
Nel 1934 Mussolini si erse a difensore dell'indipendenza dell'Austria contro le mire annessionistiche della Germania hitleriana, sebbene l'avvicinamento italiano col Paese confinante, che il Duce portò sino alla personale amicizia col cancelliere Engelbert Dollfuss (ucciso appunto dai tedeschi) e allo schierare l'esercito al Brennero minacciando l'intervento armato in caso di invasione tedesca, non avesse secondo alcuni obiettivi tanto differenti.
L'affermazione del nazismo in Germania ed il successo di Hitler negli anni 1934-36, di fronte alla sostanziale inazione delle democrazie occidentali, convinsero Mussolini che vi fosse per l'Italia l'opportunità di espandere ulteriormente il suo prestigio e le sue conquiste territoriali, pur con un apparato industriale gracile e provato dalla crisi economica del 1929 e con un esercito arretrato e mal equipaggiato.
Nel 1935 l'Italia, con un pretesto invase l'Etiopia, che venne rapidamente conquistata (maggio 1936: proclamazione dell'Impero).
[modifica] L'Etiopia
Per approfondire, vedi la voce Guerra d'Etiopia.
Le forze armate italiane disponevano di un vasto arsenale di granate e bombe da aeroplano caricate a iprite, sostanza che a volte fu anche spruzzata dall'alto come un "insetticida" su combattenti e villaggi. Fu Mussolini in persona ad autorizzare l'impiego di questi armi:[8]
Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco.
Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini. [9]
Gli ordini impartiti da Mussolini furono molto chiari:
Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini.
Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V. E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini.
La parte preponderante dell'opera di repressione fu compiuta dagli Italiani, che oltre alle bombe a iprite, istituirono campi di concentramento, impiantarono forche pubbliche, uccisero gli ostaggi, mutilarono i corpi dei nemici. Graziani ordinò di uccidere i guerriglieri catturati gettandoli dagli aerei in volo. Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate. Qualcuno, con "fascistico orgoglio", si mostrò sorridente ai fotografi mentre teneva in mano, per i capelli, uno di questi lugubri trofei.[citazione necessaria]
Un episodio dell'occupazione italiana in Etiopia fu la strage di Addis Abeba del febbraio 1937, seguita a un attentato dinamitardo contro Graziani. [10]
Simili tragici episodi vanno inquadrati nella spaventosa e perversa mentalità che aveva pervaso tutto il colonialismo europeo: quello del disprezzo per le popolazioni locali considerate come inferiori. Non ci fu popolo europeo che fu in seguito ricordato per episodi più commendevoli di quelli qui riportati.
Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo. Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles.
[modifica] Verso la guerra
Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini ed attuando un blocco navale per impedire rifornimenti di armi ai repubblicani. Già in questa fase si palesarono le deficienze della macchina bellica italiana, sia dal punto di vista tecnologico che di capacità di comando strategiche e tattiche, che si sarebbero acuite paurosamente pochi anni dopo.
Lungi dal rafforzare economicamente il paese, queste imprese indebolirono il consenso al regime gettando i primi semi del risentimento popolare, e in politica estera lo allontanarono da Francia e Inghilterra spingendolo ad allinearsi in maniera crescente con la Germania nazista (1936: Asse Roma-Berlino, 1937: Patto Anticomintern comprendente anche l'Impero giapponese; 1938: acquiescenza di Mussolini all'annessione dell'Austria; 1939: Patto d'Acciaio in funzione offensiva).
Nel 1938 Mussolini fece promulgare da re Vittorio Emanuele III le leggi razziali antisemite, che non avevano precedenti in Italia e che furono applicate senza entusiasmo. Nel marzo 1939, senza alcuna vera ragione, ordinò l'occupazione dell'Albania già saldamente nella sfera d'influenza italiana, ponendovi come governatore (viceré) un fedelissimo del genero Galeazzo Ciano.
Nonostante le clausole del Patto d'Acciaio (assistenza automatica in caso di guerra), nel settembre 1939 Mussolini si dichiarò non belligerante, ma nel giugno 1940, contro la volontà di gran parte della corte, degli alti gradi della Regia Marina e dell'Esercito e di alcuni dei maggiori gerarchi fascisti, entrò in guerra contro Francia ed Inghilterra, fidando nella rapida vittoria tedesca. L'impreparazione dell'esercito e l'incapacità dei suoi comandanti condussero a terribili sconfitte su tutti i fronti (Grecia 1940) e alla rapida perdita delle colonie dell'Africa Orientale (1941) e della Libia (1943), creando un indebolimento delle difese che aprì le porte all'invasione della Sicilia.
[modifica] La caduta
Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse tra il giubilo della popolazione italiana, stanca del regime e della guerra, cui sperava potesse essere posta fine in breve tempo.
Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile.
[modifica] La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.)
Per approfondire, vedi la voce Repubblica Sociale Italiana.
[modifica] La nascita della Repubblica sociale
Il 12 settembre, Hitler inviò una squadra di paracadutisti sul Gran Sasso, con il colonnello Otto Skorzeny come osservatore, per liberare Mussolini dalla prigionia e condurlo in Germania. Dopo aver incontrato Hitler, Mussolini fu trasferito in un castello della Baviera, sorvegliato da un plotone di SS e da dodici ispettori in borghese della Gestapo; un telefono militare permetteva di comunicare solo con il quartier generale di Hitler e con Roma.
Con un discorso alla radio, il 18 settembre Mussolini annunciò la nascita di un nuovo governo fascista; nei giorni successivi procedette alla designazione dei ministri, che si riunirono per la prima volta il 27 settembre, a Rocca delle Caminate (nei pressi di Predappio, in Romagna), in presenza di un funzionario nazista. Dopo due mesi il nuovo governo definì la sua denominazione, Repubblica Sociale Italiana (RSI).
Qualche tempo dopo alcuni dei firmatari dell'ordine del giorno che fece cadere il fascismo il 25 luglio, furono processati e riconosciuti colpevoli di alto tradimento. Galeazzo Ciano (il marito della figlia di Mussolini, Edda), Emilio De Bono, anziano quadrunviro della "marcia su Roma", Luciano Gottardi e Carlo Pareschi, furono fucilati alla schiena nella fortezza di San Procolo appena fuori Verona.
Per approfondire, vedi la voce Processo di Verona.
Bandiera di combattimento delle Forze Armate della RSILa nuova entità politica fu ribattezzata nel linguaggio popolare "Repubblica di Salò", ma in realtà non ebbe una vera e propria capitale, perché i tedeschi stabilirono la sede dei diversi ministeri a Salò, ma anche in altre località turistiche sul lago di Garda (Gardone Riviera, Maderno) e in alcune città della Lombardia e del Veneto (Cremona, Brescia, Treviso, Venezia e Padova). [11]
A Mussolini e alla sua famiglia fu assegnata una villa a Gargnano sul Garda, non lontano dal Vittoriale, la sontuosa residenza che era appartenuta a D'Annunzio, e nella quale andò a stabilirsi Claretta Petacci, l'amante di Mussolini.
[modifica] Il programma politico della R.S.I. e i rapporti con la Germania
Mussolini e i fascisti che lo seguirono nell'impresa di Salò (ribattezzati "repubblichini" dai loro avversari) tentarono di far rinascere il regime su nuove basi.
Il programma in 18 punti della R.S.I., discusso al congresso di Verona del novembre 1943, ripropose un regime a partito unico (art. 5), razzista e antisemita (art. 7, «Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica»). La novità stava nel carattere repubblicano del nuovo stato fascista (art. 1), negli ampi spazi previsti per le consultazioni popolari (art. 2-4) e in un programma sociale che conteneva alcuni elementi di anticapitalismo (art. 9 e sgg.), tanto che si è parlato di un ritorno al fascismo delle origini (quello del programma di Piazza san Sepolcro).
In realtà molte delle nuove parole d'ordine erano destinate a rimanere pura esercitazione verbale, anche perché la Repubblica sociale non fu un vero e proprio stato indipendente, ma un governo collaborazionista, in tutto simile a quelli sorti in altre parti d'Europa dopo le invasioni tedesche. Hitler non esitò a mutilare il territorio nazionale italiano, annettendo alla Germania alcune aree ex asburgiche (province di Trento, Bolzano, Belluno, Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume) e, nei territori che avrebbero dovuto essere di giurisdizione della Repubblica sociale, sia l'amministrazione civile sia le operazioni belliche restarono sotto il controllo ferreo dell'autorità militare tedesca.
[modifica] Il contributo militare alla guerra nazista
La Repubblica di Salò non ebbe una forza armata unitaria, in parte per volontà dei tedeschi (il generale Keitel aveva dichiarato che "il solo esercito che non ci tradirà è un esercito che non esiste"), in parte a causa delle divisioni esistenti tra i capi dei vari corpi armati, in competizione tra loro per accaparrarsi privilegi e fette sempre più ampie di potere.
I "ras" della Repubblica erano il Ministro degli Interni Guido Buffarini Guidi, che controllava le forze di polizia; Renato Ricci, capo della Milizia fascista, divenuta Guardia nazionale repubblicana; il segretario del partito Alessandro Pavolini, che nell'estate del '44 fondò una nuova milizia di partito, le Brigate Nere; il generale Rodolfo Graziani, Ministro della guerra e capo dell'esercito della Repubblica sociale.
Ma all'interno dell'esercito alcuni reparti agivano in modo sostanzialmente autonomo; in particolare, fu espressamente indipendente dai comandi di Graziani l'ex reparto speciale della Marina regia denominato Decima Mas, che, ai comandi del principe Junio Valerio Borghese, dopo l'8 settembre aveva intessuto relazioni dirette con i tedeschi, sottraendosi all'autorità del governo della Repubblica di Salò.
Per approfondire, vedi la voce Decima Mas di Borghese.
A queste sparse formazioni armate vanno infine aggiunte le SS italiane, formalmente inquadrate nelle forze militari tedesche.
I corpi armati della Repubblica di Salò non furono utilizzati al fronte, nella guerra contro gli Alleati, con l'unica eccezione della X MAS di Borghese e di alcuni gruppi di combattimento della GNR. Il loro compito principale fu quello di compiere rastrellamenti nelle zone "infestate" dai partigiani, sempre sotto la direzione dei comandi militari tedeschi. La lotta contro la resistenza partigiana fu attuata anche da una serie di bande di squadristi, che operavano in alcune città italiane con il supporto dei tedeschi e del Ministero degli interni della Repubblica sociale. Le più famigerate di queste formazioni furono la Legione autonoma Muti di Franco Colombo (a Milano), la "Silvio Parodi" (a Genova) la banda Carità (prima a Firenze, poi a Padova) e la banda Koch (prima a Roma, poi a Firenze, infine a Milano).
Queste formazioni erano composte da individui feroci e senza scrupoli, che approfittavano della guerra per compiere vendette personali, arricchirsi personalmente con furti e rapine, e sfogare i propri istinti sadici sulle donne e gli uomini finiti nelle loro mani. In ognuna delle città in cui queste bande spadroneggiarono (con il sostegno del Ministero degli Interni della R.S.I., Buffarini Guidi) comparvero le famigerate "ville tristi", luoghi di ritrovo per gli squadristi, ma anche centri di detenzione e tortura per i sospetti partigiani; a Roma era tristemente celebre anche la prigione nazista di via Tasso, dove le "indagini" venivano svolte dalle SS. [12]".
[modifica] Il contributo alla deportazione degli ebrei italiani
Dopo l'8 settembre i nazisti avviarono in Italia l'opera di rastrellamento e deportazione degli ebrei nei campi di sterminio, uno dei quali si trovava vicino Trieste, nella Risiera di San Sabba. A Roma la deportazione cominciò il 16 ottobre, quando le SS rastrellarono più di mille ebrei (dopo che il comandante Kappler aveva estorto dalla comunità ebraica romana un cospicuo riscatto in oro, con la fraudolenta promessa di sottrarla alla deportazione).
I fascisti della Repubblica sociale collaborarono attivamente alla deportazione in tre modi:
il 30 novembre 1943 decretarono l'arresto degli ebrei di tutte le nazionalità, il loro internamento in campi di prigionia e il sequestro (poi tramutato in confisca) di tutti i loro beni (Ordine di polizia n. 5 del Ministero dell'Interno della Repubblica sociale italiana);
istituirono una rete di campi di internamento per gli ebrei arrestati, il più importante dei quali fu il campo nazionale di Fossoli di Carpi in provincia di Modena, allestito nel dicembre 1943 e trasferito a Bolzano nell'agosto 1944;
a partire dal 5 febbraio 1944 i fascisti italiani consegnarono ai tedeschi gli ebrei arrestati e confinati a Fossoli. I convogli partiti da Fossoli finirono a Bergen Belsen e Auschwitz, dove gli scampati furono solo poche centinaia.
[modifica] La fine della RSI
L'ultimo tentativo prima della capitolazione fu il progetto irrealistico, sostenuto con veemenza dal comandante delle Brigate Nere Alessandro Pavolini, del cosidetto Ridotto Alpino Repubblicano. Si trattava di convogliare in Valtellina, le ultime forze fasciste per una sacca di resistenza ad oltranza, nella speranza di arrivare ad una pace separata, ad un armistizio con gli Alleati. Gli eventi portarono invece il 28 aprile 1945 alla liberazione del nord Italia, alla fucilazione di Mussolini, della compagna Claretta Petacci e di numerosi altri gerarchi e l'esposizione dei loro cadaveri a piazzale Loreto a Milano, ove rimasero esposti al ludibrio della folla per alcune ore nella mattinata del 29 aprile, nello stesso luogo nel quale il 10 agosto 1944 era stata consumata dai nazifascisti la strage di Piazzale Loreto, lasciando esposti i cadaveri di 15 antifascisti fucilati per l'intera giornata. Tali eventi segnarono la fine della guerra e del regime fascista in Italia.
[modifica] Il "neofascismo"
Per approfondire, vedi la voce Neofascismo.
Nonostante il divieto di ricostituzione del disciolto partito nazionale fascista, stabilito dalla Costituzione Repubblicana, movimenti fascisti sopravvissero anche dopo la guerra.
In particolare il Movimento Sociale Italiano di Arturo Michelini, talvolta alleato dei vari movimenti monarchici, con i quali si unì nel 1972 creando il MSI-DN, fu accusato di costituire un tentativo di "ricostituzione del disciolto PNF". Molti ex-ministri fascisti e notabili del partito confluirono anche nella neonata Democrazia Cristiana, che vinse le elezioni del 1948 con una maggioranza schiacciante e governò l'Italia per decenni.
Il MSI ridusse nel 1994 i legami col movimento mussoliniano e si trasformò in Alleanza Nazionale durante un congresso a Fiuggi. Un gruppo di irriducibili nostalgici, legati all'ex-segretario e combattente della Rsi Pino Rauti, si staccò allora da AN (proprio in occasione del Congresso di Fiuggi) e fondarono il partito della Fiamma Tricolore. Di recente, dopo alcune vicende personali, Rauti ha lasciato anche questo movimento per fondarne uno nuovo (Mis, Movimento idea sociale).
Contemporaneamente Alessandra Mussolini, nipote del dittatore, lasciava AN in aperta polemica col suo presidente Gianfranco Fini, il quale aveva preso le distanze dalle posizioni legate al fascismo e alla figura di Mussolini [13]. La Mussolini fondò così un proprio partito (AS, Azione Sociale) che promosse l'alleanza denominata Alternativa Sociale che univa AS ad altri due movimenti neofascisti e nazionalisti: Forza Nuova, guidato da Roberto Fiore, e Fronte Sociale Nazionale, fondato da Adriano Tilgher.
[modifica] Il Fascismo nel mondo
Opinione minoritaria di alcuni storici è che la prima vera forma di fascismo, precedente a quello italiano e tedesco, risalga ai cosiddetti Cento Neri, squadre paramilitari di destra attive ai primi del Novecento in Russia. [citazione necessaria]
Di fronte al crescente movimento operaio rivoluzionario, il manifesto zarista dell'ottobre 1905 prometteva nuove istituzioni democratiche.
A due settimane dal manifesto, ci furono 690 pogrom. Il regime dello zar Nicola II organizzò i pogrom, finanziò il volantinaggio di propaganda e i pogrom dei "Cento Neri" che, senza le reazioni della polizia, deportarono circa 3.000 Ebrei.[citazione necessaria]
Gli storici sopra citati osservano come alcuni caratteri sono comuni a quelli dei movimenti di Mussolini e di Hitler: il militarismo, i metodi violenti, l'avversione per la democrazia, l'anti-semitismo e come invece all'esperienza dei Cento Neri sia mancata quella carica rivoluzionaria e messianica comune alle due dittature, il culto del capo e soprattutto quella connotazione come movimento di massa che rappresenta una caratteristica essenziale del fascismo.
[modifica] Il punto di vista anglo-americano
Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism, che tuttavia non designa specificamente il regime fascista del Ventennio né il movimento che lo portò a compimento bensì è usato genericamente ad indicare regimi di tipo militarista, conservatore, reazionario. L'intellettuale Noam Chomsky ad esempio parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi quali quello di Pinochet od altri dittatori del sudamerica.
[modifica] Le derivazioni del caso italiano
Quando in Italia iniziò il potere del partito fascista il resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) non guardava con sfavore il regime di Mussolini, vedendo in lui un forte antagonista al bolscevismo sovietico e un argine contro l'eversione. Perciò non mancarono in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti.
Il più famoso era il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler, che seppur avendo molte ideologie in comune con il fascismo, soprattutto il nazionalismo ed il socialismo nazionale, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile"[citazione necessaria]. Successivamente, nonostante le iniziali divergenze il Duce - in parte per le ideologie comuni e in parte per motivi strategici - portò l'Italia nel novero degli alleati della Germania nazionalsocialista.
Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere.
Austria In Austria ci fu il "Fronte Patriottico", fondato da Engelbert Dollfuss, che salì al potere nel 1932; nel 1933 sciolse gli altri partiti e ne fece arrestare i deputati instaurando un breve regime conservatore e autoritario.
Il regime austriaco, apertamente nazionalista e filofascista, stipulò con l'Italia un patto di alleanza. Tuttavia fu contrario all'Anschluss e decisamente antinazista. Nel 1934 Engelbert Dollfuss fu ucciso durante un tentativo di colpo di stato da parte di nazisti austriaci. La politica di Dollfuss fu portata avanti ancora dal suo collaboratore Kurt von Schuschnigg fino all'annessione (1938) dell'Austria al Terzo Reich. Questo forma di fascismo è stata definita Austrofascismo.
Bulgaria In Bulgaria, dove il re Boris III nel 1934 stabilì un regime autoritario apartitico volto ad evitare il coinvolgimento delle masse nella politica, l'attivismo fascista rimase fenomeno di minor rilievo.
Grecia In Grecia salì al potere il generale Joannis Metaxas che, abolite le libertà politiche e diversi articoli della Costituzione, sospese il Parlamento a tempo indeterminato ed instaurò un regime dittatoriale largamente modellato sul fascismo italiano, caratterizzato dalla profonda avversione al comunismo, dalla forte censura, dal militarismo, dal culto della personalità e dal forte nazionalismo. Consapevole del pericolo portato all'indipendenza greca dalla strategia mussoliniana che mirava a fare del Mediterraneo un "lago italiano", tuttavia, Metaxas rimase discosto dall'Asse in politica estera, restando piuttosto prossimo alla Gran Bretagna (vista come unica Potenza in grado di contrastare i disegni egemonici italiani nell'area) e mantenendo la neutralità allo scoppio delle seconda guerra mondiale.
Romania In Romania, per difendere il paese dal comunismo, fu fondata una milizia nota come le "Guardie di ferro", di cui era comandante Corneliu Zelea Codreanu, che aiutò il re Carol ad instaurare una dittatura. Nel 1940 il paese passò sotto il controllo di Ion Antonescu il quale, sostituito Carol col figlio Michele, si dichiarò Conducator, cioè "duce", ed entrò nell'Asse.
Ungheria In Ungheria, l'ammiraglio Horthy guidò la controrivoluzione (il partito comunista aveva preso il potere nel marzo del 1919) schierandosi con le Potenze dell'Asse. Nel 1944 fu estromesso dalla rivoluzione delle Croci frecciate, partito nazionalsocialista e apertamente filonazista.
Spagna In Spagna dopo la lunga guerra civile (1936-1939), Francisco Franco e il partito Falange spagnola, apertamente fascista, fondarono un regime cattolico e tradizionalista durato sino al 1975.
Quando era ancora in vita, il Caudillo nominò Juan Carlos I di Borbone suo legittimo erede alla guida della Spagna, e questi condusse il suo paese verso un ritorno alla democrazia in maniera graduale e pressoché indolore.
Portogallo In Portogallo, a partire dal 1932, sulla scia della dittatura militare instaurata pochi anni prima dal generale Carmona, il primo ministro António de Oliveira Salazar in breve tempo creò un regime che, ispirato ai principi del fascismo di matrice italiana, attraversò indenne la Seconda guerra mondiale.
La dittatura cessò nel 1974, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei Garofani".
Altri paesi Anche in altri paesi erano presenti dei movimenti fascisti: in Gran Bretagna le Camicie Nere di Oswald Mosley, in Francia le Croci di Fuoco, in Belgio il Rexismo.
[modifica] Il Fascismo come idealismo
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Secondo la teoria dell'intellettuale Julius Evola, il Fascismo è una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, dal Sacro Romano Impero all'Islam.
[modifica] I modi del Fascismo
[modifica] Italianizzazione dei nomi
Per approfondire, vedi la voce Italianizzazione (fascismo).
Tra i metodi utilizzati dal Fascismo per instaurare una cultura depurata da influenze considerate straniere vi era quello dell'Italianizzazione di nomi e cognomi derivanti da altre lingue, dei toponimi (specialmente i comuni delle regioni di frontiera) e vari nomi comuni.
[modifica] Le interpretazioni del Fascismo
Per approfondire, vedi le voci Le interpretazioni del fascismo e Fascismo. Storia e interpretazione.
All'interno della vasta critica storica sul Fascismo, è possibile individuare varie interpretazioni, tra cui:
quella di Mussolini, che nell'Enciclopedia Italiana alla voce relativa scrisse "il Fascismo fu ed è azione"
quella liberale di Benedetto Croce, che considera il Fascismo come una "parentesi" della storia italiana, una "malattia morale" a seguito della Grande Guerra;
quella democratico-radicale, che considera il Fascismo come un prodotto logico, inevitabile, degli antichi mali del nostro paese;
quella di tradizione marxista, che considera il Fascismo come un prodotto della società capitalista e della reazione della grande borghesia contro il proletariato;
quella revisionista di Renzo De Felice, che intende rivedere il giudizio storico tradizionale sul Fascismo, sottolineandone il consenso raggiunto nella società italiana e le radici profonde nella situazione del primo dopoguerra.
[modifica] Gli slogan fascisti
Per approfondire, vedi la voce Slogan fascisti.
Credere, obbedire e combattere
Dux mea lux
Dux nobis
Fedeltà è più forte del fuoco
Se il Mediterraneo per gli altri è una strada, per noi è la vita
[modifica] Curiosità
Corrado Guzzanti, per la prima volta nella trasmissione Il caso Scafroglia del 2002, presenta il personaggio Gaetano Maria Barbagli, immaginario gerarca fascista inviato a conquistare il pianeta Marte assieme alla squadra di camicie nere ai suoi ordini. La storia, narrata nello stile dei cinegiornali dell'Istituto Luce del ventennio fascista, sarà successivamente ripresa ed ampliata nel film Fascisti su Marte, proiettato nel 2006 e realizzato dallo stesso Guzzanti dopo anni di lavoro e ricerche.
[modifica] Note
^ Nota: per le fonti complessive della voce fai riferimento alla sottostante bibliografia.
^ Nell'appunto relativo al 4 settembre 1938 dei suoi Diari, l'allora Ministro degli Esteri e genero del duce scrisse: «Il Duce è molto montato contro gli ebrei. Mi fa cenno ai provvedimenti che intende far adottare dal prossimo Gran Consiglio e che costituiranno, nel loro complesso, la Carta della Razza. In realtà è già redatta di pugno dal Duce. Il Gran Consiglio non farà che sanzionarla con la sua deliberazione.» Tratto da Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943 - a cura di Renzo De Felice Edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006, ISBN 88-17-11534-7 pag. 173.
^ r.d.l. 1381, 1390, 1539, 1630, 1728, 1779 e 2111 del 1938 e 126 del 1939, nonchè leggi 1024, 1054, 1055 e 1056 del 1939 ed altre successivamente
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ "Giliberto Capano e Elisabetta Gualmini - La pubblica amministrazione in Italia - Bologna, il Mulino 2006", pag. 121
^ INPS La nostra storia
^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372
^ Il testo dei telegrammi è citato in: Angelo del Boca. I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia. Roma: Editori Riuniti, 1996, pp. 148-182. Una selezione più estesa dei telegrammi è disponibile in: I telegrammi di Mussolini dal sito web «Crimini di guerra». Riportato il 31 gennaio 2007.
^ Mussolini e i generali italiani cercarono di avvolgere nella massima segretezza le operazioni della guerra chimica, ma i crimini dell'esercito fascista furono rivelati al mondo dalle denunce della Croce Rossa internazionale e di alcuni osservatori stranieri. La reazione italiana fu – per ben 19 volte - il bombardamento "per errore" delle tende della Croce Rossa poste nelle vicinanze di accampamenti militari etiopici. La prima di queste incursioni – autorizzate da Mussolini in persona - avvenne nel dicembre 1935 e colpì una struttura gestita dagli Svedesi, dove si contarono 29 morti e 50 feriti.
^ Nel corso di una cerimonia ufficiale esplose una bomba. La rappresaglia fu immediata e crudele. I circa trecento Etiopi presenti alla cerimonia furono trucidati e, subito dopo, le camicie nere della Milizia fascista si riversarono nelle strade di Addis Abeba dove seviziarono e uccisero tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che incontrarono nel loro cammino; incendiarono case, impedendo agli abitanti di uscirne; organizzarono esecuzioni in massa di gruppi di 50-100 persone.
I dati riportati sono ricavati da un documentario storico prodotto dalla BBC nel 1989 (Fascist legacy) e dalle seguenti opere: Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. IX, Milano 1981, Angelo Del Boca, Giorgio Rohat e altri, I gas di Mussolini, Roma 1996.
^ L'equivoco su Salò nacque perché in quella località risiedeva il Ministero della cultura popolare, per cui i comunicati della radio fascista contenevano spesso la formula "Da Salò vi parla…"
^ A una di queste formazioni – la banda Koch – si unirono anche due celebri attori dell'epoca (Osvaldo Valenti e Luisa Ferida)
^ sino a poco tempo prima da lui stesso definito come "Il più grande statista del XX secolo": [1]
[modifica] Bibliografia
Edoardo Savino, La nazione operante, Milano 1928
R. De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Bari 1977
P. Scoppola, La chiesa e il fascismo, Bari 1976
A. Del Boca, Le guerre coloniali del fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1991
G. Petrillo, Fascismo, Milano 1994
L. Salvatorelli, Nazionalfascismo, Torino 1977
P. Alatri, Le origini del fascismo, Roma 1971
P. Zunino, L'ideologia del fascismo, Bologna 1985
Angelo Tasca, La nascita del fascismo, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2006
Emilio Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, Editori Laterza, 2002
Giardina-Sabbatucci-Vidotto, Profili storici: dal 1900 ad oggi, Laterza, 2000
Andrea Jelardi, Goffredo Coppola un intellettuale del fascismo fucilato a Dongo, Mursia, Milano 2005.
Andrea Jelardi, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo, con 100 biografie di personaggi del ventennio, Realtà Sannita, Benevento 2007.
[modifica] Voci correlate
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Storia dell'Italia fascista
Neofascismo
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